Sono tra i tumori più difficili da trattare, anche perché quasi sempre diagnosticati in fase molto tardiva. La prognosi di conseguenza non è buona: solo il 5-15% dei pazienti è ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi e la sopravvivenza media si attesta sui 5-6 mesi. Per questo, ogni terapia in grado di migliorare questa situazione è preziosa. Ma in attesa di una terapia oncologica più efficace, qualcosa si può cominciare a fare. Uno studio appena pubblicato dimostra che la somministrazione di aspirina antecedente alla diagnosi o subito dopo la diagnosi di tumore e per i mesi a seguire, potrebbe modificare notevolmente il rischio di mortalità
I tumori delle vie biliari sono neoplasie piuttosto rare (l’incidenza è di circa 2 per 100 mila abitanti) con una prognosi non favorevole; a 5 anni dalla diagnosi il tasso di sopravvivenza è del 5-15% e in media i pazienti sopravvivono per pochi mesi. Un problema questo in gran parte legato al fatto che il 60-70% di questi tumori viene diagnosticato in fase avanzata (cioè quanto non sono più operabili o abbiano dato già metastasi a distanza), perché asintomatici.
In attesa di affinare la diagnosi o di individuare dei marcatori predittivi, c’è un unmet need importante di trattamenti, volti almeno ad aumentare la sopravvivenza. E uno studio pubblicato su JAMA Oncology suggerisce che la comune aspirina potrebbe ridurre la mortalità per questo tumore. Il razionale dell’uso dell’aspirina in un contesto oncologico è che l’inibizione della ciclo-ossigenasi è in grado di rallentare la crescita tumorale, mentre l’anti-aggregazione piastrinica potrebbe ostacolare la diffusione metastatica del tumore per via ematogena.
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