Geolocalizzazione informatori: la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso una sentenza che riguarda la geolocalizzazione dei lavoratori e il licenziamento di un dipendente. La decisione, relativa al caso Florindo de Almeida Vasconcelos Gramaxo v. Portogallo, ha stabilito che il licenziamento basato sui dati di geolocalizzazione ottenuti da un sistema GPS installato sull’auto aziendale di un dipendente è legittimo e non viola i diritti del lavoratore sanciti dalla Convenzione dei Diritti dell’Uomo.

Il dipendente coinvolto nel caso era un informatore scientifico di un’azienda farmaceutica portoghese. L’azienda aveva assegnato all’impiegato un’auto per scopi lavorativi e aveva successivamente installato un sistema GPS per controllare l’utilizzo del veicolo. Attraverso i dati raccolti dal sistema di geolocalizzazione, l’azienda ha scoperto che il dipendente aveva manipolato il funzionamento del dispositivo per ridurre i costi personali a suo carico.

Il dipendente ha contestato il licenziamento, ma sia il tribunale di primo grado che l’appello hanno dato ragione all’azienda. Il dipendente ha quindi presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sostenendo che il trattamento dei dati di geolocalizzazione e l’uso di tali dati come base per il suo licenziamento violavano il suo diritto al rispetto della vita privata, garantito dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Ha anche lamentato la violazione del suo diritto a un giusto processo, sostenendo che i dati raccolti dal sistema GPS non potevano essere utilizzati come prova legale.

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