Iperautorialità nella ricerca scientifica: quali sono rischi e benefici?

La crescita dell’iperautorialità nella ricerca scientifica è un fenomeno in aumento, con studi condotti da decine o addirittura centinaia di autori provenienti da diverse istituzioni in tutto il mondo. Questo trend è favorito dalla facilità di comunicazione e dalla necessità dei ricercatori di ottenere riconoscimenti per la propria carriera.

La pandemia da Covid-19 ha ulteriormente accelerato questo fenomeno, con un aumento del 90% degli articoli pubblicati da un anno all’altro. Tuttavia, l’iperautorialità presenta sia benefici che rischi, che devono essere considerati attentamente.

L’iperautorialità si riferisce agli studi firmati da un numero considerevole di autori, superando talvolta anche il migliaio. Questo cambiamento è stato particolarmente evidente nel campo della fisica, ma ora coinvolge anche le scienze della vita. Uno studio recente ha coinvolto oltre 15.000 specialisti, compresi tre ricercatori italiani, che hanno pubblicato i loro risultati sul British Journal of Surgery. Questo fenomeno riflette un cambiamento significativo nella modalità di conduzione delle ricerche scientifiche, con un coinvolgimento sempre maggiore di numerosi ricercatori.

Le collaborazioni su larga scala sono particolarmente utili per le ricerche epidemiologiche e per valutare l’impatto dei cambiamenti climatici. Tuttavia, ci sono diverse sfide e aspetti da considerare. Ad esempio, la potenza statistica degli studi può essere un vantaggio, consentendo di ottenere dati più completi e rappresentativi. Tuttavia, può anche portare a una minore responsabilità individuale degli autori e alla diluizione della qualità e originalità delle ricerche. Inoltre, l’iperautorialità può rendere difficile l’individuazione e l’attribuzione di meriti adeguati a ciascun ricercatore coinvolto.

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