L’ossigeno è riconosciuto come gas medicinale, un farmaco che rientra nella 219/06

L’ossigeno è riconosciuto come gas medicinale, un farmaco che rientra nella 219/06

Rientro nei casi della sanatoria 2006?

INVIATA DA: Carlo D.

IL GIORNO: lunedì, 11 Marzo 2019

Buongiorno,

lavoro con funzioni di commerciale dal 2004 in un’azienda che opera nel campo dell’ossigeno terapia, non sono laureato in farmacia e/o biologia ma essendo diventato l’ossigeno un farmaco a tutti gli effetti precedentemente alla sanatoria del 2006 vorrei sapere se posso auto-certificare di essere un informatore scientifico.

per meglio precisare la mia posizione lavorativa precedente, dal 2003 al 2005 ero assunto con contratto CCNL settore chimici con il compito di girare reparti ospedalieri e farmacie ( compito c/o reparti di informare e c/o farmacie concludere) e dal 2005 ad oggi con assunzione con CCNL commercio con le medesime mansioni.

Ringraziando per eventuale riscontro porgo distinti saluti

Carlo D.

La risposta dell’esperto

Caro Carlo,

in merito al riconoscimento dell’ossigeno configurato come farmaco, ti confermo che lo è, in quanto l’atmosfera terrestre è costituita in prevalenza da azoto (78% in volume) ed ossigeno (21% in volume). Pertanto la produzione di questo gas avviene purificando e separando l’atmosfera stessa.

In generale, la produzione dei gas medicinali, prevede l’impiego di impianti ove avvengono reazioni chimiche o modificazioni fisiche tali da trasformare le sostanze di base in prodotto finito rispondente a ben determinate caratteristiche di purezza, talvolta anche superiori a quelle richieste in Farmacopea.

Nella legge 219/06 (testo unico sui farmaci) troviamo tra le definizioni di medicinale la produzione di gas composti da una o più molecole:

TITOLO I

DEFINIZIONI

Art. 1.

Definizioni

  1. Ai fini del presente decreto, valgono le seguenti definizioni:
    a) prodotto medicinale o medicinale, di seguito indicato con il termine «medicinale»:

Omissis

4) chimica, come: elementi, materie chimiche naturali e prodotti chimici di trasformazione e di sintesi;

Omissis

  1. oo) gas medicinale: ogni medicinale costituito da una o più sostanze attive gassose miscelate o meno ad eccipienti gassosi;

Omissis

In base a quanto descritto sopra il prodotto che rappresenti dal 2004 rientra nella categoria di medicinale.

Per quanto riguarda il tuo ruolo, tu descrivi le tue funzioni che riguardano sia l’informazione che la vendita, quello che è necessario mettere in luce è quanto incide in termini di prevalenza la funzione di informazione rispetto a quella di vendita. Tuttavia la nostra risposta andrà su due binari e sarà utile in entrambi i casi.

In altri termini anche nel campo dei farmaci etici di sintesi chimica esistono due figure: l’informatore scientifico del farmaco e l’agente di farmacia. La cosa che li differenzia è semplice, l’agente/ISF informa  gli operatori sanitari (medici e farmacisti) sulle caratteristiche del/dei prodotti medicinali, l’agente di farmacia ha invece il compito di proporre e concludere la vendita, in farmacie convenzionate o in farmacie ospedaliere,  anche tramite gara, del prodotto propagandato dall’ agente/ISF presso ospedali e farmacie.

Quest’ultimo operatore non informa sul prodotto ma è un vero “agente di commercio”, cioè un “venditore” o “commerciale” come da te riportato.. Attenzione, secondo la dimensione dell’azienda, e cioè se può o non può permettersi anche la linea degli “agenti di farmacia”, esistono informatori scientifici con un doppio ruolo contrattuale di ISF/Agente di commercio. Ciò è legalmente riconosciuto purché l’attività dedicata all’informazione sul medicinale, gas o altro farmaco, sia preponderante rispetto a quella di “commerciale” o “venditore”.

Questo chiarimento è importante poiché se tu, il 06 luglio 2006 (questa data è fondamentale) operavi come “informatore”, in modo completo o preponderante, di gas medicinale puoi compilare l’autocertificazione è beneficiare della 2° sanatoria del 2006, sotto la tua responsabilità, se possibile, con il supporto di una attestazione aziendale dell’azienda per cui stavi lavorando il 06/07/2006 e, sempre se possibile,  da un parere scritto di un commercialista del lavoro.

Se, invece, operavi solo, oppure prevalentemente, come “venditore” del gas medicinale autocertificheresti il falso con tutte le sanzioni civili e penali, riportate nell’autocertificazione, che ne deriverebbero.

Questa è una situazione insolita e delicata. Infatti la possibilità di avere due incarichi diversi, con lo stesso contratto, è possibile ed è riportata sia dal codice civile che dalle sentenze di cassazione. Quindi non è questo il problema.

Puoi approfondire la concomitanza di due funzioni/rapporti di lavoro nei seguenti siti:

Abbiamo specificato entrambe le eventualità per chiarire a sufficienza la risposta alla tua domanda e colmare alcuni dubbi, secondo la funzione svolta, ad altri lettori.

Le cose da sapere

La disciplina in materia di mansioni è contenuta nel Codice civile (articolo 2103), ma la loro identificazione ed i criteri di inquadramento dei lavoratori sono stabiliti nella contrattazione collettiva. Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per cui è stato assunto, come indicate nel contratto di lavoro (“contrattualità delle mansioni” viene chiamata).

Al momento dell’assunzione, il datore di lavoro ha l’obbligo di far conoscere al dipendente il suo inquadramento, cioè la categoria e la qualifica che gli vengono assegnate in relazione alle mansioni. Ogni patto contrario in tema di mansioni è nullo.La mancanza di una indicazione chiara delle mansioni, causa di frequenti controversie, rende necessario un procedimento di ricostruzione delle stesse, partendo da quelle effettivamente svolte, in modo stabile, all’interno dell’azienda, a nulla rilevando le caratteristiche professionali del lavoratore.

Il lavoratore può essere adibito allo svolgimento di più mansioni corrispondenti a diversi livelli professionali previsti dal contratto collettivo di lavoro (“promiscue”). In questo caso, la qualifica da attribuire al dipendente deve essere determinata con esclusivo riferimento al contenuto della sua mansione primaria, cioè quella da lui svolta con maggiore frequenza e ripetitività.

Nel corso del rapporto di lavoro le mansioni assegnate possono mutare con il consenso del lavoratore, oppure per decisione unilaterale del datore di lavoro (“ius variandi”). In quest’ultimo caso, le nuove mansioni assegnate al dipendente devono essere equivalenti alle ultime effettivamente svolte (ferma restando la conservazione del precedente livello retributivo) o superiori e, comunque, devono salvaguardare il patrimonio professionale del lavoratore. Per converso, l’adibizione a mansioni inferiori puo’ avvenire soltanto in casi eccezionali, cioe’ con il consenso del dipendente e quale unica alternativa al licenziamento (è il “patto di dequalificazione”).

L’assegnazione a mansioni superiori comporta per il dipendente il diritto a ricevere solo il trattamento economico corrispondente. Se però il lavoratore svolge le mansioni superiori in via continuativa per più di 3 mesi, ha diritto anche al riconoscimento della qualifica superiore corrispondente.

Cosa dice la giurisprudenza

Si è affermata nel tempo una lettura rigorosa dell’art. 2103 c.c., intesa quale norma diretta a bilanciare l’esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro con la predisposizione di una “tutela degli interessi costituzionalmente rilevanti del prestatore di lavoro (artt. 1, 2, 3, 4, 32, 36, 40 Cost.) e “finalizzata alla tutela della dignità del lavoratore per preservarlo dai danni a quel complesso di capacità e di attitudini che viene definito con il termine di professionalità” (Corte cost. 16 marzo 1989 n. 108; Corte cost. 6 aprile 2004 n. 113; Cass., sez. un., 7 agosto 1998, n. 7755): il giudizio di equivalenza viene collegato alla verifica del mantenimento della posizione tecnico-professionale raggiunta dal lavoratore all’interno dell’organizzazione produttiva.

Si sottolinea la valenza costituzionale del bene della “professionalità” del lavoratore sicché la dequalificazione viene vista come “comportamento discriminatorio” atto a ledere la “dignità sociale del lavoratore” non solo sotto il profilo dei diritti di libertà e di attività sindacale ma anche dei “diritti di libertà finalizzati allo sviluppo della personalità morale e civile” dello stesso (Corte cost. 16 marzo 1989 n. 108; Corte cost. 19 dicembre 2003 n. 359; Cass. 26 maggio 2004 n. 10157; Cass. 23 marzo 2005 n. 6326; Cass. 24 marzo 2006 n. 6572).
La professionalità viene intesa come complesso di attitudini e capacità acquisite dal lavoratore (Cass. 6 giugno 1995 n. 6333; Cass. 17 luglio 1998 n. 7040), sicché l’accertamento dell’equivalenza deve avvenire sulla base del bagaglio di capacità ed esperienza che costituisce il patrimonio professionale del lavoratore.

Le nuove mansioni, infine, per essere ritenute equivalenti, devono essere collocate nel medesimo livello di inquadramento contrattuale o nella stessa area professionale di quelle di provenienza (Cass. 5 aprile 1984 n. 2231; Cass. 4 ottobre 1995 n. 10405; Cass. 1 settembre 2000 n. 11457; Cass. 19 maggio 2001 n. 6856; Cass. 15 febbraio 2003 n. 2328).

Come vedi fanno di tutto per complicarci la vita, non solo a te. Per cui il parere scritto di un commercialista specializzato in questo tipo di argomento riteniamo sia indispensabile.

In bocca al lupo

Vittorio Cassisi

Autore: Vittorio Cassisi



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