Che tu sia Informatore scientifico dipendente dell’azienda farmaceutica che rappresenti o che tu faccia Informazione da Libero professionista poco importa, il Wellbeing è propedeutico ad ogni tipologia di contratto, collaborazione o prestazione perché propedeutico ad una migliore performance lavorativa.
“High Wellbeing for High performance” è l’assioma che ripeto più spesso quando si parla di potenziamento, di consapevolezza delle proprie abilità, di raggiungimento degli obiettivi e di serenità lavorativa e personale.
Ma cosa vuol dire “High wellbeing for High performance”?
Tradotto ne “La lingua parlata dagli Angeli” (di H. Stammerjohann editore de l’Accademia della Crusca Firenze 2013), cioè in italiano:
“Ad un alto livello di benessere corrisponde una maggiore e migliore prestazione lavorativa”.
Durante i miei anni di esperienza clinica e aziendale l’ho sempre sperimentato e non mi sorprende visti i numerosi studi scientifici che lo dimostrano.
I dati parlano chiaro, la scarsa attenzione alla salute psicofisica dei lavoratori rappresenta un danno e una grossa perdita per tutti!
Uno studio effettuato dal Center for Health Research, Franklin in Tennessee (Overall WellBeing as a Predictor of Health Care, Productivity, and Retention Outcomes in a Large Employer) ha riportato il costo a cui i datori di lavoro ogni anno devono far fronte per rimediare all’assenteismo o alla mancanza di prestazioni lavorative a causa dei problemi di salute dei propri dipendenti. La cifra si aggira attorno ai 225,8 miliardi all’anno di cui il 71% deriva da una ridotta produttività sul lavoro.
Un altro studio, nato dalla collaborazione dell’Università degli Studi di Firenze con l’Università di Toledo (Positive Healthy Organizations: Promoting WellBeing, Meaningfulness, and Sustainability in Organizations), sottolinea il forte legame tra la redditività dell’organizzazione e il benessere dei lavoratori.
Se è vero che le aziende sono fatte di persone è facile comprendere quanto sia importante occuparsi della salute e del benessere di ognuno perché fortemente impattante sulla propria performance lavorativa.
Il lavoro è parte integrante della nostra vita, è il metro con cui spesso ci misuriamo, la nostra forma mentis spesso è modificata dal lavoro che svolgiamo (e non viceversa) per questo occuparsi del proprio benessere a lavoro non è un plus ma una conditio sine qua non per svolgerlo al meglio ed ottenere i risultati che ci prefiggiamo di ottenere.
Il Wellbeing è un costrutto multidimensionale che considera una serie di importanti domini della vita legati al lavoro, alle finanze, alla salute emotiva, alla salute fisica e ai rischi comportamentali, nonché alla qualità delle proprie connessioni sociali e della comunità. Tutto questo rappresenta una definizione ben più ampia di salute che tiene conto delle influenze sociali, psicologiche e ambientali oltre la mera salute fisica.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente ridefinito il concetto di salute come “uno stato di completo benessere fisico, spirituale e sociale”, rendendo ormai obsoleta la vecchia idea di salute quale semplice “assenza di sintomi patologici”.
I dati da prendere in considerazione per una corretta definizione della salute, infatti, includono, oltre allo stato fisico ed emozionale, anche altri parametri come lo stress, la disponibilità a rispondere ai cambiamenti imposti dalla vita moderna, e la capacità di entusiasmarsi. Quest’ultimo è forse il dato più difficile da definire scientificamente, ma rappresenta un elemento di fondamentale importanza nel quadro generale di noi tutti.
Ecco spiegato il motivo per cui ho esordito dicendo che il Wellbeing è propedeutico a qualsiasi genere di attività lavorativa si svolga.
In molte regioni è praticamente ricominciata la stagione n.2 di “Lockdown 2020” ma questo non deve cambiare le nostre priorità rispetto alla cura e attenzione di noi stessi, bensì rafforzarle.
Se il vostro lavoro vi costringe a stare seduti davanti al computer o seduti in macchina per raggiungere lo studio medico con cui si è stabilito un incontro di formazione e informazione, utilizzate ogni finestra temporale per alzarvi, muovervi e camminare durante il tempo che avete a disposizione. Ma, “bisogna farci caso!”, è questa la chiave per muoversi nella giusta direzione.
Se credete di avere un’agenda fitta di incontri, anticipare la sveglia di mezz’ora per dedicarvi ad un’attività all’aperto non impatterà sulla gestione dei vostri impegni, così come dedicarle mezz’ora durante la pausa pranzo.
Ma attenzione, tutto ciò non deve esser rimbalzato con una risposta del tipo “Buono a sapersi, se ho tempo lo faccio”.
“Se me lo ricordo, domani cammino” ma deve far parte della nostra agenda quotidiana.
L’attività fisica e, quindi, i momenti in cui ci ricordiamo di noi devono essere inseriti nella nostra routine, solo così potremo scoprirne i vantaggi.
Il tema è veramente ampio quanto lo sono le aree di interesse e approfondimento, certamente negli articoli successivi ci ritornerò per fornirvi altre indicazioni.
Intanto vi invito a riflettere su quanto tempo passate seduti alla scrivania o in macchina e quanto, invece, a fare del movimento.
È possibile aumentare il secondo a discapito del primo?
I commenti a questo articolo sono chiusi