Stress, ritmi frenetici, incidenti stradali: fare l’informatore è diventato pericoloso?

Stress, ritmi frenetici, incidenti stradali: fare l’informatore è diventato pericoloso?

Il luogo di lavoro dovrebbe rappresentare un posto sicuro. Tuttavia, se si passano ore alla guida di un’auto, correndo da un ambulatorio all’altro per rispettare tempi e obiettivi, questo senso di sicurezza non appare poi così granitico.

È di questi giorni la notizia della tragica scomparsa di un’Informatrice Scientifica, Serena Loprieno di 49 anni, e dell’incidente che ha coinvolto una seconda Informatrice, Maria Teresa Ferro, che si trova ora fuori pericolo di vita.

Le riflessioni scaturite in seguito a tali avvenimenti sono molte, così come le preoccupazioni. Eventi di questo tipo impongono un passo indietro, un arresto forzato per rileggere e reinterpretare il concetto di lavoro, pesando sul piatto della bilancia non solo i benefici della professione ma anche, e soprattutto, i costi.

Le opinioni degli Informatori

La nostra riflessione si riallaccia al post di Roberta Sommella, Regional Product Specialist, che ha condiviso su LinkedIn alcune pesanti considerazioni che vi invitiamo a leggere.

Nel giro di una settimana – si legge nel post- leggi di due colleghe travolte da un tir… una al nord Italia e una al sud Italia, le difficoltà sono le stesse” e continua “un lavoro facile, bello, piacevole, fatto di relazioni, ma ci vorrebbe più tutela, perché la vita non ce la ridà indietro nessuno.”

Chi si trova davanti a queste parole senza aver mai ricoperto il ruolo di Informatore potrebbe presentare alcune obiezioni: il tempo passato in macchina è parte integrante di molte professioni; tutti, chi più chi meno, utilizza per le più svariate ragioni un mezzo proprio, esponendosi ogni volta a rischi purtroppo non preventivabili.

Eppure, è possibile liquidare la questione in maniera così semplicistica? La risposta è no, in quanto emerge un quadro ricco di sfumature, che necessita di un’analisi su più livelli.

Tempi e obiettivi: un binomio pericoloso

Partendo dagli Insight dati dalle risposte fornite all’Osservatorio dell’Informazione Scientifica in Italia, apprendiamo che gli Informatori sono mediamente chiamati ad effettuare 8 visite al giorno con un 24% di rispondenti che punta ad effettuarne 10. La media reale scende a 7 appuntamenti giornalieri, con il 70% dei rispondenti che dichiara di effettuare tra le 5 e le 9 visite.

Tuttavia, solamente il 36% degli intervistati è riuscito ad effettuare il numero di visite che si era prefissato e circa il 40% non ha raggiunto l’obiettivo previsto. Notiamo, dunque, un primo scollamento tra la situazione desiderata dalle aziende e la condizione reale, data dalle concrete possibilità di ciascuna persona.

La percentuale è piuttosto cospicua, dunque, verrebbe da chiedersi se gli obiettivi non siano in realtà pensati proprio per cercare di “spingere al massimo sull’acceleratore”. Puntare al massimo per superare i limiti, ma a che prezzo?

“Si corre da una parte all’altra, sempre con l’ansia di fare tardi e perdere l’appuntamento, perché poi non sai mai quando [il medico] te lo ridarà” – riferisce un utente che ha commentato il post di Roberta Sommella.

Un’altra informatrice si unisce alla discussione riportando una forte, quanto reale testimonianza: “Ora devi correre mentre rispondi al telefono mentre chatti mentre leggi le email e forse rispondi guidando. Mi piaceva veramente tanto [la professione di Informatore] ma ora ringrazio e sono Felice di aver cambiato vita da un anno. Ho rischiato la vita anche io in diverse occasioni.”

Dietro a dei “semplici” KPI e a standard di performance elevati, si celano una serie di azioni che gli Informatori cercano di mettere in atto in nome dell’orientamento all’obiettivo. Purtroppo, a volte lasciando in secondo piano la sicurezza.

Ritmi di lavoro sostenibili?

Un interessante lavoro di tesi, pubblicato su Informatori.it nel 2021 e realizzato da Mariangela Mete, ha evidenziato come le abitudini alimentari degli Informatori Scientifici siano alquanto disordinate.

L’elaborato, dal titolo “Alimentazione e lavoro; come l’attività lavorativa può condizionare lo stato di salute e benessere”, ha esposto i dati emersi da un questionario anonimo che ha raccolto le risposte di 965 Informatori.

Il 62% dei partecipanti dichiara che l’orario di uscita dall’attività lavorativa in ospedale influenza dal 75-100% il tempo che hanno a disposizione per dedicarsi al pranzo mentre l’80% dichiara di essere influenzato dal 75-100% dal rispetto della media visite.

I tempi da dedicare alle pause giornaliere sono quindi legati al margine lasciato, o negato, dall’attività lavorativa che ha, quindi, la priorità sulle esigenze basilari dell’individuo.

Inoltre, il 79% degli informatori non fa uno spuntino a metà mattina e il 47% non fa uno spuntino a metà pomeriggio. Emerge anche un 4% di professionisti che salta il pranzo. Con un complessivo di quasi mille persone, questa percentuale si traduce in 38 Informatori.

Questi numeri non rappresentano unicamente un monito a non trascurare l’alimentazione in un’ottica di benessere generale. Tali percentuali evidenziano l’impossibilità di ritagliarsi un momento nel corso della giornata che risulta scandagliata da ritmi che non perdonano.

Benefit e auto aziendale

Nel 2020, l’Osservatorio VertiMovers ha stilato la classifica delle professioni più a rischio di incidenti automobilistici, anche in virtù del numero di chilometri macinati. Al primo posto troviamo la categoria degli gli agenti di commercio con la più alta incidenza di sinistri (8,85%). In questa categoria, come noto, ricadono molti Informatori Scientifici con mandato d’agenzia.

Tornando nuovamente ai dati emersi dall’Osservatorio dell’Informazione Scientifica in Italia, il 21.82% degli Informatori dichiara di non avere alcun benefit aziendale. Per i restanti, il 46% ha in dotazione un’auto aziendale, con conseguente copertura assicurativa a carico del committente.

La controparte, ovvero il 54% dei rispondenti, utilizza un’auto propria e vede ricadere ogni tipo di spesa sulle proprie tasche. Anche in caso di incidenti.

Nell’editoriale sul Rapporto aziende e informatori: cosa non va abbiamo già sottolineato l’importanza dell’istituzione di un Albo dedicato alla categoria, per poter innescare una serie di controlli in merito alle dinamiche, non sempre esplicite e trasparenti, che intercorrono tra Informatori e aziende. Tuttavia, la strada da percorrere appare ancora lunga.

Solo il paziente al centro

Sentiamo sempre più spesso parlare di paziente, o cliente, al centro nelle strategie di marketing. Ma se queste stesse persone, potenziali pazienti, ricoprono la veste di lavoratori, sembrano perdere questa centralità tanto osannata.

Dunque, se la cura e l’attenzione verso le persone risulta totalmente soggettiva e subordinata al ruolo che esse, di volta in volta, ricoprono, qual è il tasso di credibilità dietro questa strategia? Qual è il reale obiettivo, il benessere delle persone o il profitto?

Autore: Cristina Musumeci



5 commenti

  1. Prima di tutto la nostra vita poi tutto il resto fatto bene e con serietà, purtroppo gli imprevisti assurdi sono dietro l’angolo….

  2. E’ successo anche a me , proprio a luglio di quest’anno , con un caldo allucinante …. e un TIR che ti vola addosso ! La macchina distrutta ed io con un bravo angelo custode che mi ha salvato le penne , anche se mi sono fatta male .
    A volte paghi in un secondo 30 anni di lavoro……

  3. Faccio l isf da 20 anni, per un azienda ( gruppo menarini ) che chiede 16 visite al giorno ( tra mmg e H ) , con medie e frequenze deducibili e controllabili con devices con GPS integrato.Ho rischiato più e più volte incidenti e ne ho subiti ben 5 in questi anni. Almeno 250 km al giorno di percorrenza su zona lavorativa ampia.Busta paga ferma da 16 anni ,chiesti più e più volte benefit, aumenti di stipendio e maggior sicurezza, mai ottenuto nulla purtroppo- grazie per trattare questi argomenti cord saluti

  4. Comprendo che oramai nel nostro lavoro non si abbia quasi più la tutela del CCNL, ma vorrei ricordare che sul contratto nazionale di lavoro si fa riferimento SOLO al numero di ore di lavoro giornaliero e NON al numero di medici da visitare

  5. Sono informatrice da 20 anni. Lavorando a tempo pieno,l’auto è la mia seconda casa. Per evitare di portarmi lavoro a casa, compilo rapportazioni, rispondo a mail, alle volte completo dei questionari aziendali dopo aver seguito dei corsi di formazione, pranzo anche in macchina perché per mangiar bene mi porto tutto da casa. Ovvio che faccio tutto ciò a macchina ferma e parcheggiata. I ritmi però sono stressanti , perché mediamente l’azienda impone una media di 10 visite al giorno. Si corre perché spesso si hanno zone molto grandi e non sempre si riescono a vedere i medici in un’unica zona ma è necessario spostarsi proprio per arrivare al mitico “10 visite” da fare quotidianamente. Sembra un lavoro facile ma non lo è soprattutto se parliamo di sicurezza sulla strada; per il resto é un lavoro che piace e che faccio con passione e attitudine. Il pericolo è sempre dietro l’angolo, per cui ” occhio ragazzi” siamo prudenti e concentrati nella guida, basta un battito di ciglia per non esserci più!

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