Registrare conversazioni come prova di danno: è lecito?

Registrare conversazioni come prova di danno: è lecito?

Possono essere utilizzate le conversazioni registrate di nascosto da parte di un Informatore che abbia subìto un danno?

La regola generale prevede che non sia vietato registrare conversazioni col telefonino o altro strumento.

Occorre, però, rispettare dei limiti per evitare che si invada l’altrui vita privata o professionale.

Il reato di divulgazione

Si possono registrare o videoregistrare le conversazioni e le immagini in luoghi pubblici o aperti al pubblico (come ad esempio cinema, teatri, ristoranti, ecc.). Non importa se i presenti siamo ignari di tale registrazione e quindi non hanno fornito l’autorizzazione.

È però considerato reato la divulgazione delle immagini, a meno che non si oscurino i volti e non si rendano irriconoscibili le voci. La pubblicazione è vietata anche quando il video ritragga un illecito che si voglia denunciare.

Cosa prevede la normativa

Quindi un informatore che intenda sporgere una querela nei confronti della propria Mandante non può utilizzare tali registrazioni?

Certo! Il divieto di divulgazione delle immagini non vale quando queste servono per far valere un proprio diritto in giudizio, essendo la tutela intangibile ai sensi dell’articolo 23 Cost.

Le registrazioni non possono mai avvenire nei luoghi di privata dimora del soggetto registrato e in quelli ad esso equiparati come gli studi professionali, gli uffici chiusi al pubblico, l’automobile, ecc…

Non si può registrare una discussione presso l’ufficio privato del proprio datore di lavoro o presso lo studio del proprio avvocato, essendo luoghi non aperti al pubblico.

Le registrazioni sui luoghi di lavoro

In via del tutto eccezionale la Cassazione ha ritenuto lecite le registrazioni sui luoghi di lavoro (quindi anche tra colleghi o con il proprio capo) ma solo se ciò è necessario per difendere un proprio diritto di lavoratore, ad esempio contro un ingiusto procedimento disciplinare o una disdetta per una fantomatica giusta causa.

È questo il caso rappresentato da un informatore che, in seguito ad una vicenda dai contorni poco chiari, abbia deciso di acquisire delle “prove “:

il consiglio rimane sempre quello di informarsi bene su quanto stabilisce la legge e sulle possibili conseguenze.

 

Autore: Avv. Maria Rosaria Pace

Avv. Maria Rosaria Pace

Maria Rosaria Pace si laurea all’Università degli Studi di Salerno con una tesi in diritto penale societario. L’attività legale inizia nel 2010: subito dopo la laurea inizia la collaborazione per apprendere la materia del diritto del lavoro in tutte le sfaccettature. Oltre a vari contributi su Diritto24 de il Sole 24 ore, GIUFFRE', ha scritto il manuale “A tutela degli agenti di commercio”; e' Direttore scientifico della rivista "FARMACI & MANAGEMENT", legale della Confesercenti/Fiarc di Napoli, Relatrice al PHARMEXPO'; ha collaborato con FEDAIISF in qualità di legale degli informatori scientifici del farmaco e attualmente segue altre associazioni di isf.

http://www.avvocatoagentidicommercio.com/

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