L’ISF può lavorare come subordinato od autonomo o talora l’attività può aggiungersi a quella di agente

L’ISF può lavorare come subordinato od autonomo o talora l’attività può aggiungersi a quella di agente

Estratto di una Sentenza del Tribunale del lavoro di Marsala.

Nota: il testo dell’estratto corrisponde al testo della sentenza sopra segnalata.

Nel corso della fase sommaria del presente giudizio, si era invero ritenuto che anche tale attività, latu sensu pubblicitaria, svolta dagli ISF, siccome indirettamente funzionale alla maggior diffusione commerciale dei prodotti farmaceutici dell’azienda, tramite una migliore informazione scientifica dei medici che, per tale verso, sarebbero potuti essere indotti alla prescrizione dei ridetti farmaci, potesse essere sussunta nello schema tipico del contratto di agenzia.

Tuttavia, alla luce di una più attenta rilettura della disciplina legale e del concreto atteggiarsi del rapporto de quo, valutato anche alla luce della compiuta istruzione, oltre che degli approdi della giurisprudenza formatasi sul punto, tale convinzione deve essere radicalmente rivista.

Sussiste, infatti, una fondamentale ed innegabile differenza tra la prestazione richiesta all’ISF e quella, invece, pretesa dall’agente; al primo è richiesto di porre in essere un’attività di propaganda del farmaco, fondata sulla miglior divulgazione di dati scientifici ad esso relativi, diretta a convincere e stimolare i medici alla loro prescrizione, senza che a tale attività (di regola) si accompagni la ricezione di ordini e, dunque, la conclusione di contratti; l’ISF deve, dunque, per definizione, porre a disposizione dell’azienda farmaceutica, le proprie energie lavorative, ora in forma subordinata, ora come professionista autonomo, senza assumere un’obbligazione di risultato, ossia senza che, ai fini della valutazione del proprio adempimento, ovvero ai fini della commisurazione della sua retribuzione, assuma rilevanza il numero di contratti conclusi, proprio in quanto tale attività non è dedotta in contratto.

La circostanza, notoria e si direbbe ovvia, che tale attività di divulgazione scientifica venga assunta in carico dalle aziende farmaceutiche, al di là di ogni obbligo di legge, al fine di promuovere la maggior diffusione commerciale dei propri prodotti, non vale certamente a mutare l’oggetto della prestazione dell’ISF e la causa oggettiva del suo contratto, restando ad essa estranea la menzionata finalità.

L’agente, invece, nell’ambito di un’obbligazione non di mezzi ma di risultato, deve altresì pervenire alla promozione della conclusione dei contratti, essendo a questi direttamente connesso e commisurato il proprio compenso.

Sulla base di tali considerazioni, sia la giurisprudenza di merito che di legittimità ha ripetutamente sottolineato che “l’attività di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, che costituisce l’obbligazione tipica dell’agente, non può consistere in una mera attività di propaganda, ma deve consistere nell’attività di convincimento del potenziale cliente ad effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente.

Pertanto, quando l’ausiliare di un’impresa farmaceutica si limita a propagandare il prodotto presso i medici, e quindi a promuovere solo indirettamente gli affari del preponente, tale ausiliare non è un agente ma un propagandista scientifico, la cui attività può formare oggetto di lavoro subordinato od autonomo o talora può aggiungersi a quella di agente, quando questi curi anche la stipulazione dei singoli contratti”.

Spiega ancora la Suprema Corte: “…mentre l’attività del semplice propagandista consiste nel persuadere la potenziale clientela dell’opportunità dell’acquisto, informandola dell’esistenza del prodotto ed illustrandone le caratteristiche merceologiche e commerciali, l’attività dell’agente deve altresì pervenire alla promozione della conclusione dei contratti, sì da poter fondare la propria retribuzione sui singoli contratti conclusi per conto del preponente (art. 1742 cod. civ.).

In altre parole, il lavoro dell’agente, qualificabile come lavoro autonomo, si caratterizza essenzialmente in ciò, che la retribuzione è data dalle provvigioni, ossia da somme di denaro proporzionate ai singoli contratti promossi dall’agente ed al loro valore economico.

Può anche avvenire che la provvigione sia predeterminata in misura fissa o forfettaria, ma anche in tale eccezionale ipotesi essa è riferita agli affari promossi dal singolo agente….La prestazione del propagandista, per contro, è caratterizzata da un’attività che egli deve svolgere e la cui remunerazione non è connessa direttamente col risultato economico di quell’attività, posta in essere dal singolo lavoratore.

Può così concludersi affermando che, mentre l’obbligazione assunta dal propagandista verso il datore di lavoro si definisce come obbligazione “di diligenza”, o “di mezzi”, nel senso che in essa il creditore nient’altro può legittimamente esigere se non il diligente comportamento del debitore, senza garanzia che si raggiunga un preciso risultato e ravvisandosi così in essa le caratteristiche del lavoro subordinato, l’obbligazione assunta dall’agente verso il preponente si qualifica come “di risultato”, in difetto del quale il debitore è oggettivamente inadempiente, assumendo da tale carattere la veste del lavoratore autonomo.

In tal modo la forma della retribuzione non ha significato in sè in quanto si connette al contenuto dell’obbligazione, giacché la provvigione si lega all’obbligazione di risultato (lavoro autonomo) mentre il corrispettivo di diverso genere si collega all’obbligazione di mezzo (lavoro subordinato)”

(così, Cass. 22 giugno 1999, n. 6355; nello stesso senso, Cass. 22 giugno 1990, n. 6291; Cass. 19.8.1992 n. 9676; Cass. sez. lavoro n. 19394/2014).

 

Approfondimenti:
Il contratto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato: criteri distintivi e parametri valutativi.
Contratto di Agenzia e Lavoro Subordinato

Autore: La Redazione



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