Informazione scientifica, il Governo ignora il problema

Informazione scientifica, il Governo ignora il problema

Partiamo dalla fine. Anzi, partiamo dal dato consolidato: la classe politica non affronta, seriamente, il tema dell’informazione scientifica del farmaco e la ripresa delle attività non è cosa sull’agenda del Governo. Nessuno mette mano a niente e le Regioni (bontà loro) cercano di organizzarsi come possono affidandosi alla coscienza di qualche direttore generale, o sanitario, delle varie strutture o Asl sparse in tutta Italia. Manca una linea di condotta unica, lo ha detto ad informatori.it qualche settimana fa anche la deputata Rosa Menga (qui l’intervista), l’unica che ha affrontato la questione degli ISF che, almeno per ora, non sembra aver sortito alcun effetto. “Vero che il Governo deve intervenire, vero che occorre un albo, vero che gli informatori scientifici rappresentano un valore aggiunto per l’attività medica e sanitaria”, urlano a gran voce quelli che difendono la categoria. Tutto vero, sta di fatto che di sostanza – almeno fino ad oggi – gli ISF ne hanno vista poca. Pochissima. E allora, nel caos generale, è tutto un rincorrersi di voci, articoli, commenti, post sui social. Tutti contro tutti. Mettiamo un pochino di ordine.

La foto ad oggi

Partiamo dai medici. Sulla volontà di riprendere l’attività di informazione scientifica, lo dicono la Federazione Italiana dei Medici di Famiglia e la Federazione degli ordini professionali di categoria, non ci sono dubbi. Lo ripetono come un mantra e lo hanno ribadito anche ad informatori.it (qui  e qui ): “L’informazione scientifica è un valore aggiunto importantissimo al quale non vogliamo rinunciare, possiamo ricevere gli informatori in studio magari con una organizzazione basata su appuntamenti e giorni dedicati” e poi, ha sottolineato qualcuno “lavoriamo insieme da anni, difendiamo un legame consolidato anche sul piano personale”. Insomma non ci sono dubbi, ok? I medici non possono fare a meno degli informatori scientifici e, se proprio devono ricorrere ai mezzi tecnologici per sentirli (webinar, conference call, videoconferenze o qualsiasi altra diavoleria ci sia dietro ad un pc. Qui i dettagli dello studio Fimmg ), vogliono comunque che ad occuparsi della cosa siano loro. Niente call center, niente marketing, niente pubblicità, niente venditori.

Nelle regioni

Chiarita la questione, e ribadito che il Governo ha fatto pochino (pardon, niente) per mettere mano alla vicenda (la deputata Menga avrà la cortesia di farci sapere novità interessanti, ne siamo certi), diciamo pure che il caos regna sovrano. In alcune zone gli informatori vengono ricevuti, in altre neanche per sogno. Succede in Sardegna (qui l’articolo de L’Unione Sarda) che gli ospedali siano “off limits per i 1500 informatori scientifici dell’isola”. Attenzione: 1.500. A sollevare il tema le sigle di categoria di Cgil, Cisl e Uil che lamentano, come altrove, il problema e ribadiscono ritardi gravissimi da parte della Regione Sardegna (in buona compagnia sull’argomento di altre regioni italiane) che ha regolamentato la cosa per gli studi dimenticando (?), omettendo (?) o tralasciando (?) la questione degli ospedali. Insomma negli studi medici si può entrare (dove possibile perché, appunto, in Italia le cose cambiano anche di città in città) e negli ospedali no. Incredibile. E mentre la formazione Ecm residenziale riprende in Veneto ed Emilia Romagna altrove si naviga a vista con le pesanti e indicibili ricadute per tutta la categoria (qui un articolo con la posizione di Fedaiisf durante il lockdown). Per non farci mancare nulla e dare un po’ di colore alla vicenda qualche polemica arriva anche da Cosenza: negli ospedali, dicono i bene informati, qualcuno può entrare mentre altri no. Qualcuno chi? “Gli iscritti a qualche associazione”, risposta piccata anche se tutta da verificare.

La realtà in alcune aree

Polemiche o no, articoli o no, notizie o no, social o no, gli informatori spesso si trovano a che fare con realtà impossibili da gestire. Uno di loro, come tanti hanno fatto in questi mesi (alcuni li abbiamo intervistati o pubblicati qui  e qui ), ci ha fatto sapere cosa accade in Piemonte: “Abbiamo grosse difficoltà – racconta – perché ad oggi sono pochissimi gli appuntamenti che riusciamo ad ottenere dai medici e sono rare le interviste da remoto accettate. Insomma, non si riesce a lavorare. L’accesso ad oggi viene negato dalla maggioranza delle strutture sanitarie pubbliche ed è delegato alle direzioni sanitarie. Siamo trattati come untori in modo ingiusto e ingiustificato”. La mail parla di una gestione, soprattutto in alcuni casi, alquanto discutibile per le strutture pubbliche dove le visite vengono affidate alla “conoscenza” di qualcuno piuttosto che di altri e alle relazioni personali. Ancora una volta, per dirla in parole povere, non si riesce ad avere una strada comune che identifichi la categoria come tale e che le permetta di avvalersi di una sola, unica, metodologia per fissare appuntamenti, incontri. Per lavorare.

Fimmg e Fnomceo

Lo abbiamo spiegato prima, lo sottolineiamo ancora. Dalle associazioni dei medici e dagli ordini i medici hanno fatto sapere che l’informazione scientifica e chi se ne occupa, dunque gli ISF, rappresentano un elemento essenziale della loro attività al quale non intendono rinunciare. Hanno parlato di rapporto personale, di difendere una categoria preziosa per la professione, soprattutto in un momento in cui, a causa dell’emergenza Covid, il ruolo della sanità – della buona sanità -, è tornato in primissimo piano. Così come è necessario dare risalto alla consapevolezza che solo attraverso la preparazione, la corretta informazione, la capacità di avere i giusti interlocutori, si può offrire un servizio serio, onesto, lungimirante ai pazienti e anche all’opinione pubblica. Ecco allora non sarebbe male che queste stesse associazioni, gli stessi ordini, oltre ai sindacati e qualche associazione di categoria, prendessero posizione e esprimessero al Governo il loro disappunto per la mancanza di interventi concreti che sanino, definitivamente, la questione e che diano una sola, unica, ormai indispensabile e non più procrastinabile linea di condotta. Un indirizzo che aiuti una intera categoria ad orientarsi, che aiuti i medici ad avere certezza del loro lavoro e le strutture sanitarie ad organizzarsi. E che rispetti decine di migliaia di persone che operano nel settore e dietro alle quali ci sono storie, famiglie, attività professionali. E che rispetti, ripetiamo, anche i cittadini che meritano un servizio sanitario a trecentosessanta gradi che possa contare anche su una corretta informazione scientifica. Indispensabile: non siamo noi a dirlo, lo dicono i medici.

Autore: Daniele Vicario



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L’informazione scientifica Post Covid, due differenti realtà

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