Farmaci branded o equivalenti: chi decide l’utilizzo?

Farmaci branded o equivalenti: chi decide l’utilizzo?

Per rispondere a questa domanda in maniera laconica, ritengo che a decidere possa essere il paziente.

Sembra strana questa affermazione dopo 25 anni (legge n°425 del 1996) di presenza dei prodotti equivalenti nel mercato. Tuttavia, riflettendoci, è proprio il paziente che sceglie se utilizzare un prodotto a marchio noto oppure il farmaco equivalente.

Frequente, la prima volta in cui si acquista un equivalente, soprattutto se si tratta di un paziente anziano, può capitare di chiedere al Farmacista di scrivere sopra la confezione il nome del branded per evitare confusione. Questa estate mi è capitato di avere una piacevolissima discussione con un collega Informatore Scientifico su Linkedin proprio in merito a questi argomenti.

Leggendo un mio articolo, il collega ISF, mi ha chiesto come mai molti farmacisti cambiano le prescrizioni del medico.

Questa affermazione mi ha fatto riflettere in particolare sul concetto del “cambio di prescrizione”, facendomi tornare alla mente la metafora del ristorante alla quale spesso ricorro per spiegare come viene prescritto un farmaco e chi lo paga:

Il mercato farmaceutico è come un ristorante in cui il cliente (paziente) mangia ma non ordina, il cameriere (medico) decide cosa debba mangiare il cliente, indipendentemente dai suoi gusti e dal costo delle portate, infine lo stato paga il conto.

Rileggendolo con più attenzione, certamente farmacista e paziente incidono in modo attivo sulla scelta finale. Il mercato dei farmaci retail è rappresentato oggi dall’80% dai prodotti “maturi”. Questi sono per la totalità off patent, e sotto questa voce ci sono sia gli equivalenti che i brand fuori brevetto.

Ma è il farmacista che cambia la prescrizione?

Se è vero che l’80% dei farmaci sono off patent e se è acclarato che la maggioranza dei medici prescrive sulla ricetta sia il branded che il nome chimico della molecola, senza l’indicazione non sostituibile, il farmacista è obbligato a chiedere al paziente cosa preferisce tra i due. Nel caso venga scelto il branded che non è allineato con il prezzo di riferimento del farmaco equivalente, il paziente paga la differenza di prezzo (ticket), come spiegato in questa circolare del Ministero della Salute.

Culture differenti si rispecchiano nelle diverse aree geografiche. Al nord Italia i farmaci equivalenti incidono per il 40% circa mentre nel Sud Italia per il 20 % circa, a prescindere dalle capacità economiche del cittadino.

La “carenza” di un prodotto sul mercato può essere altra causa di sostituzione in Farmacia?

Le cause delle carenze possono essere le seguenti:

  • Parallel export: Il prodotto Branded ha un prezzo in Italia più basso rispetto ad altre nazioni EU. Diversi Sistemi Sanitari EU richiedono espressamente di acquistare nel mercato comune il prodotto più conveniente. Un meccanismo di maggiore ricavo per l’importatore, un fee agli operatori sanitari che lo prescrivono e dispensano, permettono allo Stato che importa, di garantirsi uno sconto più alto sul prezzo praticato. Il libero mercato delle merci in EU permette tutto ciò. È ovvio quindi che più il prezzo scende in Italia, maggiore potrebbe essere il fenomeno delle carenze.
  • La supply chain non è in grado di rifornire la distribuzione intermedia per una serie di circostanze: programmazione poco accurata, centralizzazione delle produzioni che riforniscono svariati paesi, carenza di materie prime, costo degli stock, costo del materiale di confezionamento, costi energetici in crescita.
  • Gare di appalto potrebbero penalizzare alcuni prodotti: ad esempio per i prodotti in DPC (Distribuzione per Conto) è possibile sostituire un branded con un equivalente e viceversa in base al vincitore della gara.

Cosa avviene in farmacia?

Il paziente al centro è l’obiettivo comune per tutti gli attori della filiera. Il farmacista come professionista della salute nei casi sopracitati di carenze consiglia il paziente di sostituire il prodotto con un equivalente. Salvaguardare garantire e dispensare la prescrizione del farmaco fatta dal medico, è uno degli obiettivi nella dispensazione di un farmaco.

Una migliore compliance del paziente potrebbe avvenire attraverso la sostituzione di un farmaco?

È noto che quando il medico prescrive un farmaco, ad esempio, per una terapia cronica, dovrebbe concordare ragioni del trattamento, durata e modalità di somministrazione. Sarebbe opportuno poi effettuare un controllo sul cosiddetto patient journey.

In pratica, il paziente seguirà o meno le indicazioni del medico? Se non le segue, comprendere perché un paziente non è compliant con la terapia. La compliance, quindi, dovrebbe essere un punto chiave sia per il medico ma anche per l’azienda nel capire cosa manca.  Potrebbe essere dovuto ad una mancata persistenza che vuol dire interrompere la somministrazione farmacologica nel tempo? Potrebbe essere una mancata aderenza alla terapia, che vorrebbe dire il paziente ha modificato il dosaggio e la posologia nel tempo?

In questi differenti casi il farmaco può risultare indubbiamente inefficace e la prescrizione potrebbe essere modificata con un equivalente oppure viceversa magari con un branded formulato differentemente oppure con altre modalità.

Studi approfonditi ci indicano come nelle acuzie, così come le patologie sintomatiche e nella monoterapia l’indice di compliance è molto elevato. Le cronicità, le patologie sintomatiche e la pluriterapia hanno un basso indice di compliance.

In conclusione, è nelle mani del paziente la decisione di decidere quale terapia attuare se branded o equivalente.  La compliance, l’aderenza terapeutica, la persistenza sono argomenti noti alle reti di informazione scientifica. Lo sviluppo armonico del FSE (fascicolo sanitario Elettronico) potrebbe essere lo strumento per il controllo delle terapie per dare una risposta più definita a questo argomento.

Autore: Roberto Adrower

External lecture di Marketing e Tecniche di Accesso al Mercato Farmaceutico, Processi comunicativi in medicina, presso la Facoltà di Farmacia e Medicina dell'Università La Sapienza di Roma. È stato consigliere nazionale dell’Associazione Italiana Marketing Farmaceutico. Ha ricoperto posizioni di responsabilità nell’organizzazione di numerose società farmaceutiche, sia italiane che multinazionali, in differenti funzioni di Marketing, Supply chain, Affari regolatori.

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