Tra etica e fatturato: le posizioni discordanti di aziende, informatori e medici

Tra etica e fatturato: le posizioni discordanti di aziende, informatori e medici

Le richieste delle aziende legano gli Informatori al rispetto di tempi e obiettivi misurabili, lasciando sullo sfondo alcuni aspetti difficilmente quantificabili, di stampo più qualitativo.

Eppure, siamo certi che questo tipo di approccio sia apprezzato da tutti gli attori coinvolti? Cerchiamo di chiarire insieme la situazione prendendo in esame la visione dei medici, delle aziende e degli Informatori Scientifici.

Il punto di vista dei medici: qualità

Qualche mese fa abbiamo intervistato il Dott. Domenico Crisarà, vicesegretario nazionale della Federazione Italiana dei Medici di Famiglia (FIMMG), per capire cosa pensano i medici degli Informatori Scientifici. La visione che emerge appare chiara e precisa: “Non è bello essere contattati da un call center in outsourcing o gestire tutti gli incontri tramite Zoom. Si riesce ad essere più rapidi ma i rapporti risultano impersonali”. In alcuni casi, dunque, l’empatia e la qualità dell’incontro vanno a diluirsi in favore della rapidità.

Il Dott. Crisarà sottolinea, inoltre, i rischi legati ad un utilizzo non corretto degli strumenti digitali esortando le aziende a non svalutare il ruolo dell’informatore in qualità di ponte tra il farmaco e il medico, il tutto a vantaggio del paziente, che come definito dalle nuove strategie, dovrebbe ricoprire un ruolo centrale.

Il rapporto tra medico e Informatore non è un rapporto di tipo commerciale ma è basato sulla formazione farmacologica. Per questo non può mancare il rapporto umano per poter costruire una relazione di fiducia reciproca.”

La voce dei Medici è fredda e ferma. Poter prendere scelte aziendali efficaci senza tener conto delle richieste di uno dei principali attori in gioco appare piuttosto complesso e poco attuale.

La visione aziendale: quantità

La salute dei pazienti e la spinta commerciale sembrano contendersi il ruolo del protagonista. Se le aziende operano e si alimentano grazie alle vendite dei loro prodotti, come è possibile conciliare l’esistenza di strategie ed obiettivi di crescita economica con la volontà dichiarata di perseguire il bene comune?

Come abbiamo affrontato nel nostro editoriale legato ai dati e all’informazione scientifica, nel momento in cui un Informatore si trova ad analizzare il proprio schedario medici è chiamato a mediare tra due esigenze molto diverse: la prima è di marketing commerciale, ovvero legato alle esigenze di fatturato; la seconda è invece di marketing sociale, ovvero legato ad aspettative di “bene sociale”. Gli obiettivi di queste due correnti di pensiero viaggiano su binari paralleli, eppure, il difficile compito delegato agli Informatori Scientifici è quello di farle coesistere.

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Appare dunque naturale che uno scenario di questo tipo, quasi contraddittorio, possa generare spaccature e condotte disarmoniche o contraddittorie: se viene a mancare l’aspetto commerciale, l’azienda si trova in difficoltà; se viene a mancare un approccio di marketing sociale si vanno a danneggiare i destinatari stessi del prodotto proposto, ovvero i medici in prima battuta e infine i pazienti.

Queste strategie trovano una perfetta applicazione nel mondo teorico, mentre a livello pratico l’equilibrio sembra pendere verso la volontà di perseguire una condotta fortemente commerciale.

Il tema dell’etica nel settore Healthcare è particolarmente delicato e non sono rari gli esempi, anche tra le Big Pharma, di comportamenti decisamente non in linea con questa filosofia.

Un esempio è quello di GlaxoSmithKline che nel 2012 ha dovuto sborsare circa 3 miliardi di dollari in seguito a una condanna per corruzione di medici. I medici erano incentivati a prescrivere i farmaci attraverso l’offerta di viaggi e campioni omaggio, da rivendere direttamente ai pazienti.

Un ulteriore esempio ben noto è quello di Purdue Pharma che ha scatenato negli Stati Uniti la cosiddetta crisi degli oppioidi in cui sono coinvolte circa 3mila farmaceutiche, inclusa Johnson & Johnson, con l’accusa di aver promosso il loro utilizzo in maniera indiscriminata senza effettuare sufficienti controlli sugli ordini.

Esempi di questo tipo costituiscono fortunatamente casi estremi e isolati.

Dove si collocano gli Informatori?

In base a quanto emerso dai primi dati provenienti dall’Osservatorio sull’Informazione Scientifica in Italia, le principali leve motivazionali che spingono gli Informatori Scientifici verso una nuova opportunità di lavoro sono di tipo economico.

 

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Al primo posto, infatti, sia per professionisti inseriti con contratto a CCNL, sia per professionisti con contratto in P. Iva, l’incremento economico è il parametro che, più degli altri, pesa sul piatto della bilancia. Seguono al secondo e terzo posto voci analoghe, strettamente correlate alla retribuzione ovvero l’avanzamento di ruolo e la possibilità di cambiare il proprio inquadramento contrattuale.

Ad una prima lettura, la visione degli Informatori appare dunque ben allineata a quella delle aziende, caratterizzata in primis da esigenze di quantità, rispetto alla percezione dei medici e dei pazienti che richiedono maggiore qualità.

Tuttavia, i recenti episodi legati a due gravi incidenti stradali, di cui uno fatale, che hanno coinvolto due Informatrici Scientifiche, hanno spinto l’intera categoria ad uno stop di riflessione forzato. Su Informatori.it ne abbiamo ampiamente discusso (trovi qui il nostro editoriale) approfondendo anche il pericoloso binomio tempo-obiettivi.

Affidandoci ancora ai dati dell’Osservatorio, gli Informatori hanno dichiarato di avere un obiettivo medio di visite giornaliere pari a 7/ 8. Tuttavia, solamente il 36% degli intervistati è effettivamente riuscito rispettare il numero di visite prefissato. Per quale ragione?

Si tratta di obiettivi che superano i limiti ragionevoli di tempo ed energie a disposizione? L’intenzione è quella di puntare al massimo per cercare di superare questi limiti, inducendo gli Informatori a correre da un ambulatorio all’altro?

Devi correre mentre rispondi al telefono mentre chatti mentre leggi le e-mail e forse rispondi guidando. […] Ho rischiato la vita anche io in diverse occasioniha commentato un Informatore al post di Roberta Sommella, la quale ha condiviso su LinkedIn un’interessante riflessione sul tema.

Verso un’armonizzazione di vedute

Le complessità che riguardano le aziende Healthcare sono numerose e probabilmente risultano poco intuibili da chi non opera in questo settore.

In particolare, l’Informatore Scientifico sembra proprio inserirsi, come anello di congiunzione, all’interno di uno dei segmenti più delicati. Proprio a partire dalle caratteristiche di cui abbiamo discusso, difficilmente comprensibili dai più, hanno origine i più comuni pregiudizi sugli Informatori e sull’intero comparto. Rispetto al passato, l’etica, la salute globale e il benessere dei lavoratori stanno catturando in maniera crescente l’attenzione di aziende e istituzioni. Le criticità stesse dell’intero comparto stanno emergendo per aprire al dialogo, che ci auguriamo possa portare ad una necessaria armonizzazione di venute, per il bene dei pazienti.

Autore: Cristina Musumeci



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