Cosa è previsto dalla legge?
L’articolo 1749, comma 3, c.c. stabilisce che “l’agente ha il diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate, ed in particolare un estratto dei libri contabili“.
Ad integrare la disposizione codicistica provvedono le norme collettive, che impongono alla Casa Mandante di fornire all’agente le copie delle fatture inviate direttamente ai clienti, quando non via sia la consuetudine di spedirle agli stessi per tramite dell’agente medesimo (art. 7, comma 4, AEC Industria 30 luglio 2014 e art. 6, comma 3, AEC Commercio 16 febbraio 2009).
Viene dunque assicurato all’Informatore la trasparenza dei dati?
È evidente che sia la disciplina legale che quella collettiva del contratto di agenzia assicurano all’agente la possibilità di accertare quali affari siano stati conclusi dalla Preponente nella sua zona e a quanto ammontano le provvigioni maturate.
Poiché tale accertamento può avvenire solo attraverso l’esame dei libri contabili della Mandante e delle fatture emesse dalla stessa ai clienti di zona e non del solo estratto conto provvigionale, che, essendo unilateralmente predisposto, potrebbe non comprendere gli affari conclusi direttamente dalla mandante senza l’intervento dell’agente, sembrerebbe, secondo le norme, incontestabile il diritto dell’agente di ottenere l’esibizione delle scritture contabili del preponente per la verifica delle provvigioni liquidate.
Questa interpretazione è però sostenuta solo da una giurisprudenza minoritaria, secondo cui “quando il preponente abbia concluso affari diretti nella zona dell’agente, ovvero non abbia comunicato all’agente il buon fine degli affari da lui promossi, l’agente non ha altro mezzo per accertare la conclusione ed il buon fine di questi affari che richiedere l’esibizione e la consulenza tecnica sulle scritture contabili del preponente” (Cass. n. 2250/1995, Cass. n. 9802/1998, Cass. n. 13721/2002).
Esiste una interpretazione differente di tale teoria?
La posizione maggioritaria (Cass. n. 5467/2000, Cass. n. 8310/2002, Cass. n. 17762/2003) si basa, invece, sull’assunto che l’agente Informatore, nell’ambito del giudizio promosso contro la preponente per l’accertamento del diritto alle provvigioni, abbia l’onere di provare i fatti costituitivi dello stesso, ovvero la promozione degli affari e la conclusione degli stessi.
Non mancano in ogni caso pronunce che hanno garantito all’agente il diritto di ottenere l’esibizione, purché circostanziata, delle scritture contabili della preponente e, ove necessario, una conseguente CTU contabile allo scopo di dimostrare le provvigioni dovute (Cass. n. 18856/2007).
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