Le dinamiche aziendali rivestono un ruolo spesso centrale nel contribuire alla creazione di relazioni positive o negative tra gli Informatori Scientifici e le realtà con le quali collaborano. Alla base della scelta di cambiare lavoro c’è infatti, molto spesso, il desiderio di una “crescita professionale” in termini di retribuzione, carriera o competenze. In questi casi, la percezione è quella di stallo e di mancanza di prospettive all’interno di contesti che spesso chiedono importanti risultati ma non sempre sono in grado di mantenere le promesse fatte.
Ne abbiamo parlato in maniera approfondita nel nostro Osservatorio sulle attività e le figure professionali dell’Informazione Scientifica in Italia. Perché? Perché riteniamo fondamentale per Informatori e Aziende avere, finalmente, una visione d’insieme a cui far riferimento.
Analizziamo insieme alcune importanti aree delicate, in grado di incidere sulla qualità dell’esperienza lavorativa degli Informatori.
Mobilità interna: Un’opportunità di crescita professionale?
La mobilità interna rappresenta una dinamica aziendale considerata rilevante per il 25% dei partecipanti alla survey dell’Osservatorio. Tra gli utenti interessati, la maggioranza riferisce di aver cambiato il proprio target di riferimento pur mantenendo la stessa mansione, mentre solo il 3% ha modificato la propria mansione all’interno dell’azienda.
I dati evidenziano che la mobilità interna è più frequente tra i professionisti con maggiore esperienza, nella fascia d’età tra 45 e 55 anni, suggerendo che proprio il fattore esperienza può svolgere un ruolo determinante.
Per quanto riguarda le disparità territoriali, si osserva che la mobilità interna è più diffusa nelle regioni del Nord e del Centro rispetto al Sud e alle isole. Tuttavia, è fondamentale andare oltre questi dati, per capire gli Informatori cosa ne pensano realmente.
Sentiment: La percezione del cambiamento, tra declassamento e miglioramento
Per comprendere la percezione del cambiamento interno, è stato analizzato il sentiment degli informatori.
La metà dei rispondenti ha dichiarato di sentirsi neutrale a riguardo, mentre una percentuale elevata lo ha interpretato come un’evoluzione in positivo e un valore aggiunto alla figura professionale.
Meno del 25% degli intervistati ha invece vissuto la mobilità interna come un declassamento. Questo elemento, come anticipavamo, è causa di malcontento e spinge i professionisti a valutare altre opportunità e di fatto rappresenta una “sconfitta” non solo per il turnover aziendale ma anche per l’Informatore stesso che si trova, magari suo malgrado, a rimettersi sul mercato e in alcuni casi a spese della continuità professionale che le aziende richiedono.
A livello territoriale, il Sud e le isole hanno espresso principalmente sentiment neutri o positivi, mentre nel Nord sono state registrate le percentuali più alte di risposte negative (percezione di declassamento).
Dato molto interessante è quello relativo alle diverse tipologie contrattuali degli Informatori. Il tipo di inquadramento risulta infatti determinante in merito alla percezione del cambiamento:
- CCNL Chimico: il cambiamento interno è giudicato positivo nel 45% dei casi.
- CCNL Commercio: la percezione è valutata come neutrale, dunque non si evidenziano né peggioramenti né miglioramenti.
- Professionisti con Partita IVA: il cambiamento interno per questa fetta di professionisti non è mai percepito come un fattore positivo nella propria carriera.
Quest’ultima categoria di professionisti, che collaborano con le aziende ma che non figurano di fatto come dipendenti, risultano essere la categoria che si percepisce come maggiormente penalizzata. Le ragioni possono essere molteplici in quanto si tratta di professionisti che, a differenza di coloro i quali lavorano con CCNL e retribuzione fissa, spesso hanno un compenso largamente basato su una percentuale variabile. Dunque, al variare di alcuni fattori quali, ad esempio, la zona di riferimento o il target, corrispondono in maniera diretta anche variazioni dal punto di vista retributivo.
Dunque, qual è il grado di soddisfazione e benessere sul lavoro?
Il grado di soddisfazione e felicità sul lavoro è un elemento sempre più rilevante, soprattutto tra i Millennials. Secondo il report, il 77% degli informatori considera positivo il rapporto con i propri datori di lavoro.
Andando ad analizzare i risultati in base alla territorialità, si osserva che il Sud e le isole mostrano una soddisfazione nettamente positiva, mentre le differenze tra il Nord e il Centro sono meno evidenti.
Osservando le risposte in base all’età, si nota che il grado di soddisfazione più elevato si registra tra i partecipanti di età compresa tra i 45 e i 55 anni. La fascia di età 35-45 presenta invece una media più bassa, segno di un minor grado di soddisfazione e felicità.
Ciò che possiamo rilevare è che, soprattutto per le generazioni più giovani, i fattori che incidono sul rapporto azienda-informatore sono molteplici e diversificati: work-life balance, clima aziendale, ascolto e disponibilità dei manager, politiche di welfare, percorsi di crescita interna, ecc… Abbiamo parlato della diversa visione del mondo del lavoro tra le diverse generazioni nell’editoriale: i “giovani” sono svogliati e i “vecchi” arretrati?
Il risultato è che si alzano le aspettative in rapporto al pacchetto offerto, che non è più solo retributivo ma necessita di un corollario di attributi in grado di valorizzare e soddisfare la persona. E se le generazioni 45-50 si sono mosse per anni in un mercato del lavoro dove questi temi non trovavano spazio, i più giovani sono maggiormente consapevoli delle innumerevoli sfumature che un rapporto di lavoro può acquisire e ne soffrono la mancanza.
Conclusioni
Già in passato, nel nostro editoriale “tra etica e fatturato” abbiamo affrontato il problema delle posi
Grazie ai preziosi dati del report dell’Osservatorio abbiamo scattato una piccola fotografia del complesso mondo delle dinamiche aziendali.
La mobilità interna si rivela essere una sfida comune per molti Informatori Scientifici, con la necessità di adattarsi a nuovi obiettivi e richieste, spesso percepite come penalizzanti per chi lavora in partita iva.
Permangono disparità territoriali ma anche di età e in rapporto alla tipologia contrattuale offerta. Emerge, dunque, l’identikit dell’informatore soddisfatto: età di circa 50 anni, residente al nord e con contratto del CCNL chimici. E questo risultato non sembra stupire.
Ci auguriamo che questi dati possano fornire interessanti spunti di riflessione per il miglioramento delle politiche aziendali e delle prospettive di carriera nella professione degli Informatori Scientifici.
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