Parola di Valeria Viola, National Health Authority Affairs Consultant in Pharma Value.
Che il mondo farmaceutico sia ricco di attori e stakeholder a ogni titolo e livello, è chiaro per gli addetti ai lavori.
Quello che pochi sanno, è che c’è qualcuno, posto in autentici ingranaggi, che rende possibile l’esistenza stessa del mercato farmaceutico.
Qualcuno che ne guida i processi, ne verifica il corretto susseguirsi fino all’accesso al mercato, e che è capace di dialogare con AIFA e le aziende farmaceutiche con la dimestichezza di chi è profondamente padrone della sua professione, conosce il SSN e basa il suo lavoro su una importante eticità.
Questa intervista con Valera Viola, che si occupa di Institutional e Regulatory Affairs per le Aziende Farmaceutiche, introduce una professione al servizio del mercato farmaceutico, della salute dei pazienti e del buon funzionamento del sistema. Ma parla anche del valore dell’informazione e della condivisione del sapere.
Chi è Valeria Viola e come nasce l’idea di Pharma Value?
Io ho una formazione umanistica. Mi sono ritrovata a lavorare in questo ambiente per motivi familiari, mio papà faceva lo stesso lavoro, e io ho cambiato a 30 anni per lavorare con lui. Dopo la sua scomparsa, ho deciso di mantenere il suo lavoro come consulente. Nel corso del tempo mi sono strutturata, ed è nata Pharma Value. Siamo 4, me compresa. Ci occupiamo di monitoraggio normativo, Affari Istituzionali, Comunicazione e di tutti i dati che analizziamo e comunichiamo ai nostri clienti. Mettiamo successivamente in condivisione il nostro lavoro di analisi perché io ritengo che più la cultura del regolatorio e del market access viene diffusa, e meglio si lavora tutti quanti. Sia da parte del regolatore sia da parte degli stakeholder. Condividere è il modo migliore per lavorare più consapevoli.
Hai delle competenze molto specifiche.
Ho una visione d’insieme, tecnica sulla parte regolatoria, nel mezzo di diverse competenze, non sono una farmaco economista ma so leggere un dossier di prezzo rimborso del farmaco, conosco come funziona l’AIFA e conosco il regolatorio del farmaco in Italia, quindi ho uno sguardo complessivo e conosco il punto di vista del SSN. Per questo, le mie competenze mi permettono di dare consigli mirati alle aziende e decidere dove influire.
Questo regolatorio… cos’è? E quanti lo conoscono davvero?
Il regolatorio del farmaco è conosciuto solo dagli addetti ai lavori. La parte normativa – che dovrebbe essere visionaria perché deve incidere sui farmaci che arriveranno – non la conosce nessuno. Eppure sarebbero molte le leggi da conoscere – tipo il testo unico del farmaco D.Lgs. 219 del 2006, la legge del fondo sanitario, e poi dei commi nelle leggi di stabilità – che vanno a rinnovare e ad aggiornare la governance del farmaco. È un processo in continuo movimento. Esistono poi i regolamenti della comunità europea, su farmaci innovativi, che vengono autorizzati a livello centrale. Abbiamo anche l’EMA (European Medicines Agency), che si occupa di autorizzare i nuovi prodotti – non solamente quelli innovativi – e lo fa a livello comunitario, autorizzandoli in tutta l’Unione Europea, prima che entri in gioco l’AIFA, che deciderà come classificarli e se rimborsarli a seconda del nostro contesto organizzativo e della pratica clinica italiana.
Perché visionario?
Il regolatorio è secondo me “visionario” perché ci sono delle regole che nel corso del tempo vengono aggiornate, ma devono andar bene oggi e per i prossimi 10 o 20 anni, e devono andare bene per qualcosa che non è ancora stato inventato! Il regolatorio è una griglia di regole replicabile, dove il processo deve essere replicabile per l’oggi e per il domani.
Pensiamo al testo unico del farmaco, che regola anche le modalità dell’informazione medico scientifica: è stato scritto nel 2006! All’epoca non si poteva prevedere che il lavoro dell’ISF sarebbe poi cambiato così tanto. Quando il futuro arriva e non siamo pronti dobbiamo rimettere in discussione ciò che abbiamo ed eventualmente aggiornarlo.
Quando ti è successo di captare la professione dell’ISF nel tuo percorso?
Io “arrivo” prima dell’ISF nella filiera del farmaco, ma ricordo un caso in cui alcune aziende si sono, per esempio, confrontate con AIFA e alcuni ISF per studiare insieme il miglior modo di inserire il QR Code sulle confezioni. Anche quello era un modo per agevolare l’informazione medico scientifica.
L’informatore medico è un’antenna sul territorio. È la voce di quello accade.
Spesse volte, quando il prodotto è in commercio, mi arrivano dal territorio delle informazioni preziose, magari osservazioni condivise da medici, o da colleghi, o a livello aziendale, per esempio quando sta per essere autorizzato un farmaco. Si tratta spesso di comunicazioni informali ma anche la comunicazione informale fa sì che esista il business intelligence nelle aziende farmaceutiche!
Tra le informazioni e gli acronimi che regnano sovrani in questo mondo, individuo un interessante HTA. In cosa consiste l’Health Technology Assessment (HTA) e perché è importante?
Letteralmente, significa Valutazione delle Tecnologie Sanitarie. Quando viene introdotta una nuova tecnologia sanitaria, che potrebbe essere un farmaco, un dispositivo o una procedura ospedaliera, bisogna comprendere se è conveniente farlo, e non solo in termini economici.
L’HTA abbraccia ambito giuridico, sociale, economico, medico, organizzativo. Tutti questi domini vengono organizzati e si decide se sia conveniente inserire o meno una tecnologia nel contesto di appartenenza (anche considerando il dominio dell’etica). Per un ISF è ad esempio importante conoscere i risultati derivanti da un HTA, per capire quale sia stato il dibattito e quali le implicazioni.
Tutte queste informazioni formano la conoscenza necessaria a introdurre e gestire dialoghi a valore aggiunto con il medico.
Sulla scia degli acronimi, puoi raccontarci qual è il ruolo di SIARV e SIF?
Io al momento sono membro attivo di SIARV, Società Italiana Attività Regolatorie Accesso Farmaco Vigilanza. Sono nel direttivo e, insieme alla SIF – Società Italiana del Farmaco – abbiamo deciso di far collaborare i nostri gruppi giovani con delle iniziative di formazione. L’idea è formare e creare una rete tra i diversi attori del farmaco. Chi fa medicina si occupa di sperimentazione clinica, chi fa regolatorio si occupa di accesso al mercato, farmaco vigilanza, o di compliance, ci sono poi gli informatori scientifici del farmaco, e poi i farmacologi che lavorano in università, laboratorio e ospedale. Siamo tutti intorno al farmaco, ma facciamo cose diverse. Ci siamo chiesti: sono tutti consapevoli del framework normativo in cui si inserisce? Siamo tutti importanti e abbiamo quindi identificato l’esigenza di un linguaggio comune. Serve che io capisca cosa ha bisogno un ISF, quali sono le cose che possono essere migliorate, ma è altrettanto importante che un ISF conosca il processo che un farmaco ha per arrivare in commercio. Cosa può dire, cosa no.
Concordi quindi sull’importanza della formazione.
Come puoi informare bene se non sei ben formato? Se un ISF a 50 anni non ha più voglia di informarsi, io credo che debba trovare un momento di restituzione con i più giovani. Soprattutto gli ISF più senior, che hanno visto e vissuto un mercato molto diverso da questo, hanno delle skill hard e soft che andrebbero trasferite ai più giovani, e che sarebbero per loro un valore.
L’informazione la vedo come un valore, il valore della restituzione alla comunità.
Anche raccontare il fallimento serve. L’apporto dei più senior potrebbe favorire un ciclo di istruzione 360 gradi sostenibile, per colmare il gap generazionale tra senior e junior. L’informatore non forma solo il medico, gli ISF si formano tra loro, tra pari, ma anche a livello aziendale. Gli ISF sono chiamati secondo me a sfruttare la loro capacità di comunicatori per trovare o chiedere più momenti di condivisione per trasferire esperienza e anche condividere preziose informazioni all’interno dell’azienda.
Quali sono gli aspetti positivi che hai visto nascere negli ultimi mesi, in relazione alle aziende farmaceutiche?
Le aziende farmaceutiche sono state innovative, responsabili e cooperative. Innovative perché, ad esempio, hanno messo a disposizione gli ISF per rispondere ai call center. Hanno regalato farmaci, si sono messe a servizio. Responsabili perché hanno creato dei servizi di home delivery, si sono inventate qualche cosa per far sì che si lavorasse meglio nell’emergenza. Collaborative con l’AIFA, col Ministero della Salute. A livello global sono stati aperti e resi pubblici i protocolli dei vaccini. E sono state di grande responsabilità. Pensiamo inoltre che i vaccini che arriveranno saranno pagati dagli Stati a prezzo di costo, e non ci sarà un profitto.
Che consigli ti senti di dare a un giovane che studia con l’obiettivo di avvicinarsi al mondo del pharma?
Il consiglio che do è provare a capire – con vari ruoli – cosa ti piace e a cosa sei interessato. Il farmaco è un ambiente multi disciplinare, è importante farsi delle domande, confrontarsi con qualcosa che è altro da noi. Ai giovani dico: uscite dal laboratorio, vedete qualcosa di diverso, parlate con le associazioni dei pazienti, con le persone che lavorano in altri ambiti, parlate con gli ISF, con i farmacologi all’estero, con chi lavora nelle università o in una CRO (Contract Research Organization). Confrontatevi con chi fa un lavoro diverso perché scoprirete che la conoscenza dell’altro vi farà essere differenti e vi farà fare la differenza.
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