Storie che ispirano: Valentina, da informatrice ad area manager

Storie che ispirano: Valentina, da informatrice ad area manager

Questa è la storia di un successo, dove l’intraprendenza è stata decisiva. Cambiare azienda non sempre corrisponde a una crescita personale e professionale.

Valentina ci racconta come, a fare la differenza, siano prima di tutto le persone. La voglia di imparare, di diversificare, la propensione al cambiamento possono aiutare non solo a gestire tante complessità, ma a governare il cambiamento.

Com’è iniziata la tua avventura professionale come ISF?

Nasco come biotecnologa, la mia laurea specialistica è ad indirizzo ingegneria genetica vegetale. Ero fortemente ambiziosa verso il futuro, la mia materia era in sviluppo soprattutto in Italia. Ho conseguito il dottorato, ma il “vuoto lavorativo” insieme alle difficoltà a trovare una collocazione non universitaria, mi hanno fatto aprire la mente in altri settori. Sono andata verso l’informazione scientifica del farmaco perché avevo persone a me vicine che già facevano questo lavoro, e perché, partendo come “topo di laboratorio”, mi sono trovata molto attratta dall’idea di sviluppare nuovi contatti sul territorio. Ho indossato un vestito e ho visto che calzava bene, quindi ho deciso di mettermi in discussione.

Raccontaci in breve il tuo percorso professionale.

In un’azienda farmaceutica a Bologna e poi in tutta l’Emilia Romagna, mi sono occupata di consulenza di vendita, e potevo esprimere le competenze anche in ambito di ingegneria genetica. Si trattava di un progetto molto nuovo e stimolante. Poi mio marito è andato all’estero, l’ho seguito a Manchester e ho lavorato in un laboratorio di ricerca di acidi nucleici, ma ho capito di essere insoddisfatta perché ormai amavo molto stare in mezzo alla gente, avere dei feedback, constatare la qualità del mio lavoro. Con l’esperienza emiliana mi ero davvero divertita, e non riuscivo più a farlo chiusa in un laboratorio.

Lì mi sono detta: sono nata per fare l’informatrice.

Sono stata assunta quindi un’altra realtà, che mi ha consentito di aprirmi al target ginecologico, e sono andata a vivere a Verona.

Sono ambiziosa, l’idea di ritrovarmi in un’azienda piccola che non aveva uno spirito meritocratico verso gli ISF spigliati, mi ha fatto guardare un po’ attorno. Ho cominciato a parlare con area manager, con altri colleghi, finché sono stata notata dall’area manager di Farmitalia.

Ho cominciato a gestire i farmaci e dispositivi medici, quindi è stato ancora più interessante.

Si lavorava molto di più a livello congressuale. Sono stata più introdotta, più efficiente, mi sono creata il mio portafoglio clienti sul territorio e nell’arco di 2 anni e mezzo il mio direttore Fabio Scaccia ha deciso di propormi il cambio di ruolo ad area manager. 

Come è stato passare dal lavoro sul campo al coordinamento e alla gestione delle risorse?

All’inizio ero scettica, amavo molto stare a contatto diretto con i medici e tutti i miei interlocutori. Molti colleghi mi dicevano “cambierà il tuo modo di lavorare perché parlerai solo con gli informatori”. Si palesava la possibilità di lavorare molto da casa, ma conoscendo la mia azienda e vedendo anche le competenze e il ruolo dei colleghi area manager, mi sono resa conto che non sarebbe stato così.

Oggi non vedo quotidianamente ogni singolo medico, però con gli affiancamenti, con l’organizzazione e con l’introduzione che ho mantenuto, continuo a vedere i miei medici.

2 teste sono sempre meglio di una, e rispetto molto il lavoro degli informatori. Sono molto soddisfatta della mia équipe: sono professionisti in grado di fidelizzare molto col medico. Con la mia presenza si ha modo di approfondire di più l’aspetto umano, i progetti. La mia presenza non è mai un fastidio, semmai un supporto e un valore aggiunto.

Qual è, secondo te, la competenza in assoluto più importante per un informatore oggi?

Sicuramente la duttilità al cambiamento: l’idea di capire come si sta muovendo il mercato oggi, di capire che la figura del medico non rappresenta l’unica pedina, ma bisogna chiudere il cerchio, passare da lui ma anche dalla farmacia, valutando se la prescrizione viene finalizzata, era un percorso che già si faceva inizialmente, ma nel temo si era un po’ persa, perché anche le farmacie sono cambiate. Prima erano solo dispensazione, oggi sono anche tanto consiglio, referenze. Bisogna stare molto attenti e dare il proprio contributo in termini di formazione.

Io credo molto nella formazione come abilitatore del cambiamento.

L’idea dell’informatore che visita 10 medici al giorno poi chiude la borsa e va a casa, è diventata obsoleta. Oggi abbiamo riconsiderato tutti la dimensione umana, e possiamo coinvolgere i medici in modo diverso, recuperando empatia, mettendoci del nostro.

L’idea che il lavoro sia una fatica, sia solo fare quello che l’azienda ti chiede e volare via, è passato e anzi deve passare. La maggior parte della nostra giornata la impieghiamo lavorando. Limitarci a fare operazioni ci appiattisce. 

E quali consigli daresti a chi ambisce a diventare area manager o già lo fa?

  1. Studia tanto il mercato per far capire ai tuoi interlocutori quelli che sono i tuoi plus. Bisogna saper esaltare le proprie caratteristiche rispetto agli altri e comprendere il proprio ambiente di lavoro. Perché questo sia possibile, non bisogna mai smettere di studiare.
  2. Lavora sulla tua capacità manageriale di creare unione: avere un’idea comune di valore e obiettivo aiuta l’équipe e il singolo. L’informatore fa un lavoro molto solitario e ha delle responsabilità. Creare dei punti comuni di forza per raggiungere il proprio obiettivo, motiva tutti gli informatori.
  3. Abbi cura delle tue persone. Se si riesce a creare con loro un filo diretto, è possibile capire i limiti e le mancanze ma soprattutto aiutarli a mettere in risalto i loro punti di forza. Durante l’affiancamento, è facile dire “ hai sbagliato qui e qui”, ma è altrettanto importante puntare ad esaltare i punti di forza, per arrivare all’obiettivo. È un po’ quello che si fa col medico, solo che per gli area manager si fa con gli informatori.
    I professionisti non devono sentirsi giudicati in quel momento, io solitamente non voglio che la mia presenza sia un controllo, anche se chiaramente devo controllare, ma la mia presenza deve essere vissuta come una risorsa. Quando siamo insieme, siamo 2 teste e non una, le energie si sommano per ottenere il massimo possibile, non controllare o andare a caccia del difetto. 

Qual è il tuo approccio attuale alla professione dell’informatore e a come è cambiata nel tempo?

Come dicevo anche prima, secondo me la formazione abilita il cambiamento. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo compreso a fondo come tutti i mezzi di lavoro servano all’informazione scientifica, anche quelli tecnologici.

Io credo nel rapporto umano più che negli altri, e stiamo cercando di fare di tutto pur di mantenere la presenza. Ma anche la modalità remota è una risorse fondamentale, pensando a casi come i meeting con il reparto ospedaliero.

La media delle visite si è ridotta, ma oggi poter programmare gli appuntamenti è molto importante e porta una qualità maggiore! Poter programmare e lavorare con delle agende strutturate conferisce alla professione di informatore una dignità diversa, perché quello è tempo a disposizione per te.

Pensiamoci, anche a livello psicologico, quante volte ci siamo trovati a dire: posso rubarle due minuti? Non stai rubando niente, stai svolgendo il tuo lavoro!

Si è assistito a un depauperamento della figura professionale. Negli ultimi anni erano disturbatori, oggi l’appuntamento mi permette di farmi valere, è qualitativamente più valido.

Impariamo dall’esperienza: usare tutte le risorse possibili ci aiuta a diventare professionisti sempre migliori ogni giorno.

Autore: Vittorio Cassisi



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