Riceviamo una riflessione profonda, da parte del collega Paolo Valier, legata al periodo di emergenza e all’effettivo stop dell’attività di Informazione. Quanto ricevuto invita a stimolare il senso critico, il mettersi in gioco e ad effettuare un auto riflessione che proietta ad una consapevolezza del nostro essere ISF.
Condividiamo senza dare la nostra chiave di lettura e raccogliendo i contributi per dare forma ad un pensiero collettivo.
La riflessione
La nostra attività di Informatore Scientifico del Farmaco è ferma da poco più di un mese, e almeno fino a fine aprile, maggio, la situazione rimarrà la stessa.
Potrebbe essere il momento adatto per vedere quanto è realmente utile il nostro mestiere, sia dal punto di vista economico che scientifico, etico e sociale.
Immagino, però non ho ovviamente dati alla mano, che il minor afflusso di pazienti negli ambulatori dei medici di medicina generale abbia portato ad un calo di prescrizioni, sia di farmaci etici che di nutraceutici.
D’altronde i pazienti affetti da patologie croniche hanno sicuramente, almeno in buona percentuale, continuato le proprie terapie, chiedendo prescrizioni. Immagino un calo di “nuovi pazienti”, gli ambulatori dei MMG sono praticamente deserti, le attività specialistiche ambulatoriali sono ridotte al minimo indispensabile.
Veniamo a noi ISF
La maggior parte dei farmaci etici ha il brevetto scaduto, quindi un’anzianità importante, con alle spalle altrettanti anni di informazione scientifica. Forse a questo punto la classe medica è sufficientemente acculturata da non aver bisogno di ulteriori, spesso vetuste e ridondanti, informazioni. Farmaci nuovi, che non siano in ambiti specialistici, non mi pare siano in dirittura d’arrivo. Per quel che riguarda le altre tipologie di farmaci, si va verso una specializzazione sempre più mirata, spesso supportata da pochi informatori specialist, ma soprattutto da figure considerate più “mediche” come sono i MSL (Medical science liaison).
D’altronde gli specialisti stessi sono spesso già ben informati sui prodotti più innovativi, leggendo e acculturandosi da soli, prima della visita di dipendenti delle aziende farmaceutiche.
Poi c’è l’infinito mondo dei nutraceutici, legati alla propaganda attiva da parte degli informatori, e allo stesso tempo portano uno scarso impegno, etico/prescrittivo/economico, da parte dei medici (non vanno ad incidere su eventuali budget di spesa).
Allo stesso tempo, tranne alcuni componenti con riconosciuta efficacia clinica, la maggior parte ha efficacia più palliativa e psicologica che reale. E inoltre ormai c’è una tale quantità di prodotti molto simili se non uguali, da aver intasato completamente il mercato.
Qui sorgono le mie domande:
A prescindere da interviste face2face, telefonate, e-mail o altro… Qual è il reale valore aggiunto che un mestiere come il nostro ha realmente?
Siamo pronti a puntare il dito contro medici e istituzioni che ci guardano male e approfitteranno di questa situazione per aggiungere altri paletti al nostro lavoro, ma siamo certi che il nostro lavoro sia utile?
Se le aziende farmaceutiche svilupperanno sempre più vie di “informazione” alternative, non hanno in realtà ragione, non essendoci nulla di realmente nuovo da dire ai nostri clinici?
Inviaci via email il tuo pensiero ([email protected])
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