“Mangiare nel modo giusto non solo previene la malattia, ma genera anche la salute e un senso di benessere fisico e mentale”
T. Colin Campbell
È una delle tre frasi più famose che collegano il cibo con il mondo della medicina ed è una delle tre frasi di apertura della tesi “Alimentazione e lavoro; come l’attività lavorativa può condizionare lo stato di salute e benessere” incentrata sulla relazione tra il lavoro dell’Informatore Medico Scientifico e le sue abitudini alimentari.
L’idea di questa tesi nasce dall’analisi del mio stile alimentare durante la settimana lavorativa: sempre di corsa, pranzi dimenticati o trangugiati in macchina con un panino mentre mi spostavo dall’ospedale (dove avevo sacrificato il tempo della mia pausa pranzo per vedere l’n medico che a volte nemmeno mi riceveva) verso il primo appuntamento del pomeriggio. Lo stesso Inail (1) studia da anni la correlazione tra alimentazione e lavoro dichiarando che “un regime alimentare troppo povero o un’alimentazione troppo ricca sul luogo di lavoro può provocare una perdita della produttività del 20%”. L’OMS avvisa che il 50% delle patologie maschili e il 25% di quelle femminili sono dovute a stili di vita non salutari come: dieta scorretta e sbilanciata, abitudine al fumo e consumo eccessivo di bevande alcoliche e attività fisica insufficiente. Un’alimentazione inadeguata oltre ad incidere sul benessere psico-fisico rappresenta uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di patologie croniche; infatti, sempre l’OMS dichiara che 1/3 delle patologie cardiovascolari e dei tumori possono essere evitati grazie ad un’alimentazione sana ed equilibrata.
Alimentazione e stress per il lavoratore
Il concetto di rischio alimentare per il lavoratore è percepito come il rischio derivante dall’impossibilità di consumare un pasto equilibrato durante l’orario di lavoro per mancanza di tempo, di spazi idonei o di scelta di una varietà sana di alimenti; oltre a tutto questo però una sana alimentazione deve tener conto anche del tipo di lavoro svolto, le attività extra-lavorative ma anche le condizioni in cui il lavoro viene svolto. Considerato che il lavoratore passa, tecnicamente, sul luogo di lavoro 8-9 ore della sua giornata (secondo EticJobs il lavoro occupa il 50% dei giorni feriali di un individuo) possono nascere situazioni tali da determinare una forma di stress. Lo stress è una condizione che può portare a vere e proprie patologie, per esempio nella sua forma più acuta può contribuire ad accrescere la presenza di colesterolo nell’organismo agendo come fattore di rischio per malattie cardio-circolatorie. La pausa pranzo risulta essere quindi l’unico momento, per un lavoratore, di staccare e rilassarsi. Ci sono tanti studi e progetti che si dedicano a questa relazione, tra i tanti cito il progetto FOOD (2) che ha coinvolto 6 paesi Europei per 28 mesi promuovendo le buone abitudini alimentari durante il pranzo fuori casa, e il progetto Aifos (3) “Mi tutelo mangiando” che ha studiato il rapporto alimentazione/malattie coinvolgendo direttamente i lavoratori.
Rapporto tra alimentazione e lavoro per l’Informatore Scientifico: la tesi
Da tutte queste informazioni ho deciso di analizzare il rapporto alimentazione/lavoro concentrandomi sugli Informatori Scientifici, una categoria che non ha un orario di lavoro “fisso”, non ha una scrivania a cui appoggiarsi per pranzare, non ha una cucina a disposizione per scaldare il pranzo portato da casa, ecc.
Ho iniziato a preparare un questionario con domande di carattere generale (sesso, peso, altezza, età) in modo da poter ricavare alcuni dati nutrizionali, domande sullo stile alimentare per poter analizzare le loro abitudini durante la giornata lavorativa e domande sullo stile di vita (attività fisica, patologie). Il questionario è stato distribuito sotto forma di link tramite gruppi Whatsapp e Facebook dedicati ed è stato attivo per un mese in cui sono stati raccolti 965 questionari (ai fini statistici sono stati eliminati solo due questionari). Allo studio hanno partecipato 593 donne e 370 uomini, l’età media è di 45 anni, la distribuzione geografica è stata omogenea con un 30% Nord, 30% Sud e Isole, 40% Centro.
I risultati della ricerca
Una volta trascritti tutti i risultati ho iniziato ad analizzare gli Informatori: per ciascun ISF è stato calcolato il BMI reale e per gli ISF che non rientravano nella categoria del normopeso è stato calcolato il BMI ideale, successivamente è stato calcolato il metabolismo basale a riposo di ciascun Informatore (per comodità è stata usata la formula di Mifflin St-Jeor) e infine è stata calcolata la spesa energetica totale giornaliera associando a ciascun ISF un LAF (livello di attività fisica) basato sul tempo dedicato all’attività fisica.
Con tutte queste informazioni ho deciso di dividere gli ISF in 7 gruppi (BMI normopeso, sottopeso, sovrappeso e obeso, ISF che pranzano ogni giorno al fast-food, ISF neofiti, e ISF con patologie gastro-intestinali) e analizzarli. Essendo il gruppo BMI sottopeso formato da sole 5 persone e il gruppo normopeso più numeroso ho estratto con l’aiuto di un sito 15 numeri casuali in modo da analizzare 5 questionari per ogni tipo di BMI; dai questionari in esame sono state trascritte sull’applicazione FatSecret le risposte alle domande di carattere alimentare e grazie a queste è stato possibile valutare l’introito di Kcal assunte dagli ISF nell’arco della giornata lavorativa. Il calcolo è stato valutato su porzioni ideali (per esempio per la pasta sono stati conteggiati solo 80gr senza condimento) e senza conteggiare la cena ed eventuali extra quindi al numero di Kcal trovate dall’analisi del questionario sono state aggiunte altre 1000Kcal ipotetiche per compensare i dati mancanti.
Quello che è emerso da tutti i gruppi (escluso quello del fast-food) è che gli Informatori riescono nella maggior parte dei casi a raggiungere il loro fabbisogno energetico ma il raggiungimento è dovuto ad un eccessivo introito calorico nelle ore serali; infatti durante la giornata lavorativa gli ISF assumono da un minimo di 487 Kcal ad un massimo di 1002 Kcal. Si potrebbe pensare che l’importante è raggiungere la quota calorica di cui il nostro organismo ha bisogno ma in realtà bisogna dare importanza a:
- Come la quota viene raggiunta; si consiglia sempre di mangiare poco ma spesso durante la giornata e gli orari in cui sono consigliati i pasti sono 6:00-8:00 per la colazione, 12-13:00 pranzo e 19-20:00 la cena; questo perché sono gli orari in cui si alza l’insulina e si avverte un forte senso di appetito quindi se di mattina si introduce una buona quantità di cibo ci si sente sazi e il metabolismo si avvierà al meglio. Viceversa se le Kcal introdotte sono poche o mal bilanciate si invia al cervello un segnale di carenza di cibo e quindi per preservarsi il nostro organismo inizia a fare scorta di energie non sapendo quando verrà ricaricato e quindi si attiva un meccanismo di rallentamento del metabolismo. Lo stesso rallentamento si ha la sera per predisporre il corpo al riposo, alla riparazione e depurazione dei tessuti.
- Come le Kcal vengono ripartite sulla base di carboidrati, lipidi, proteine e fibre.
Mentre solo l’1% degli ISF decide di non fare colazione, il 79% degli ISF non fa uno spuntino a metà mattina e il 47% non fa uno spuntino a metà pomeriggio mentre solo il 4% decide di saltare il pranzo, il 37% non pratica attività fisica. Come detto sopra il saltare spuntini e pasti induce il metabolismo a rallentarsi prima delle ore serali quando gli ISF rientrati a casa compensano le poche Kcal assunte con degli eccessivi introiti.
L’attività lavorativa influenza davvero il tempo che l’Informatore scientifico dedica ai pasti sul lavoro?
Ebbene il 62% degli ISF dichiara che l’orario di uscita dall’attività lavorativa in ospedale li influenza dal 75-100% sul tempo che decidono di dedicare al pranzo mentre l’80% dichiara di essere influenzato dal 75-100% dal rispetto della media visite.
Quindi il ridurre le calorie da ingerire durante la giornata, il prediligere snack veloci come spuntini invece di frutta o verdura, digiunare, sacrificare l’attività fisica che invece aiuta a preservare la massa magra, evitare il consumo di acqua che aiuta a regolare la termogenesi sono tutte azioni che accomunano gli ISF durante la loro giornata lavorativa associate inoltre agli orari lavorativi, ai vari appuntamenti e alle difficoltà relative all’ambiente che spesso portano ad adattamenti quotidiani non salutari sacrificando il benessere dell’organismo.
Consigli per l’informatore Scientifico: cosa mangiare?
Da queste riflessioni si può confermare la tesi dello studio e si può affermare che l’attività lavorativa associata a patologie croniche pre-esistenti (Crohn, dislipidemie, ipertensione), a situazioni di stress o a condizioni corporee standard e non (obesità o sottopeso) influenza negativamente lo stato di salute e benessere dell’individuo.
I consigli che posso dare ai colleghi sono basici: bevete tanto, non saltate mai il pranzo e cercate di equilibrare i macronutrienti (se a pranzo mangiate un piatto di pasta a cena mangiate carne/pesce/uova con un contorno che non siano patate), mangiate sempre verdura, fate degli spuntini a metà mattina e pomeriggio (cubetto di grana, un frutto, barrette energetiche ma attenzione agli ingredienti), cercate di fare un minimo di attività fisica (almeno 30 minuti di camminata veloce continua). Laddove ci siano condizioni o esigenze particolari il mio unico consiglio è quello di farsi seguire da un professionista.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti i colleghi che hanno deciso di partecipare a questo mio studio, siete stati preziosi.
Mariangela Mete
Note
- Inail: Alimentazione e lavoro 2018
- Progetto FOOD: per un pasto equilibrato fuori casa
- Progetto AIFOS: mi tutelo mangiando
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