
“Parlarle della situazione? Beh, non è cosa semplice. Diciamo che l’emergenza che stiamo vivendo si ripercuoterà, come per tutti, anche sulla nostra categoria e colpirà, soprattutto se non ci saranno soluzioni concrete che vadano oltre il contributo di 500 euro, le partite Iva”. Antonio Mazzarella, è un informatore scientifico del farmaco di lungo corso e da alcuni anni è alla guida di Fedaiisf, la Federazione delle Associazioni Italiane degli Informatori Scientifici del Farmaco e del Parafarmaco. Un’associazione (“non politica e non sindacale”, tiene a precisare il presidente) che da anni sta cercando di mettere intorno a un tavolo le forze politiche con l’obiettivo di rappresentare le esigenze di una categoria composta da oltre 60mila lavoratori. Ovviamente l’emergenza Coronavirus ha rimesso in discussione il sistema di informazione scientifica e con esso l’intera categoria e quella che secondo tutti è inevitabilmente la parte più fragile rappresentata da chi non ha un contratto nazionale di lavoro ma opera come libero professionista.
Partiamo proprio dall’emergenza. Ci sono stati molti problemi legati alla gestione delle attività di informazione scientifica. In assenza di provvedimenti ad hoc e nel caos generale molte Regioni si sono mosse in autonomia e molte società hanno fatto lo stesso, in base alle loro sensibilità…
“In pratica – spiega Mazzarella – è successo che le aziende avevano iniziato a dare delle direttive nella massima confusione e, a dire il vero, almeno all’inizio non eravamo in presenza di decisioni assunte con buon senso e in ragione del dpcm. Così molti colleghi hanno continuato a lavorare su richiesta di queste stesse società e lo hanno fatto anche nelle zone rosse anche se, fortunatamente, la situazione si è fermata non appena la situazione è andata via via aggravandosi purtroppo giorno dopo giorno un po’ in tutto il Paese. Certamente – prosegue Mazzarella – il Governo avrebbe dovuto dare indicazioni più precise, ci sarebbe dovuto essere un maggior controllo, ma eravamo e siamo pur sempre in una situazione di emergenza. Oggi è tutto più chiaro e con la pandemia dichiarata tutti hanno la sensibilità per capire come muoversi e organizzarsi”.
Un ordine sparso che poteva quantomeno essere arginato e che è riferito in generale un po’ a tutte le attività della categoria degli informatori scientifici del farmaco: c’è o no un problema di mancanza di rappresentatività?
“Certamente si. Noi come Fedaiisf siamo l’unica struttura che rappresenta la categoria da un punto di vista etico e lavorativo. La parte sindacale c’è e l’abbiamo sensibilizzata negli anni scorsi ma in questo momento, in tutta franchezza, vedo una situazione di stasi e una minore attenzione nei confronti della categoria. La verità è che manca un organo giuridico reale che ci rappresenti”.
Tutto ruota intorno alla questione di un albo professionale…
“Esatto. Chiamiamolo albo, ordine, in qualsiasi modo ma se oggi avessimo a disposizione questo tipo di strumento le cose, anche per questa situazione, sarebbero andate forse in maniera diversa. Il problema è che ci si ostina ancora a non voler riconoscere l’esistenza della nostra categoria e così non si accetta che ci siano lavoratori che operano nell’ambito del servizio sanitario nazionale come e quanto lo fanno ad esempio medici e infermieri. Parliamo di persone che parlano e informano sul corretto uso dei farmaci e che rappresentano una categoria importante anche sul piano della razionalizzazione della spesa farmaceutica. Invece continuiamo a distanza di anni a girare sempre intorno al tema e questo – sottolinea il presidente di Fedaiisf – nonostante la legge sia chiara perché, al contrario di quanto accade, riconosce la nostra categoria cosa che invece molte aziende non fanno forse per interessi di parte e perché sanno bene che altrimenti, se venisse istituito un ordine, dovrebbero interfacciarsi con un altro organo più rappresentativo. Insomma c’è un tema di disinteresse da parte della politica anche se noi stiamo cercando di fare la nostra parte per fare in modo che nessuno dimentichi questa situazione”.
C’è un problema politico, dunque?
“La nostra è una semplice constatazione. L’ultima volta in Senato arrivò la proposta di legge relativa all’albo, fu poi rimandata alla Camera ma il Governo cadde e non se ne fece più niente. Non so quale sia il motivo ma la realtà è che non c’è attenzione. Forse non si conosce davvero quale sia il ruolo degli ISF e l’importanza che rivestono nel sistema sanitario. Veniamo visti – insiste il presidente di Fedaiisf – come braccio commerciale delle aziende per un malinteso creato dal contratto nazionale che ci inserisce nell’area marketing mentre la legge ci ritiene alle dipendenze del servizio scientifico che, ovviamente, deve essere… indipendente dal servizio marketing. Uno scherzo? Niente affatto: l’informatore è indipendente dal marketing e non deve avere nulla a che fare con le vendite ma oggi, almeno sul piano contrattuale, accade esattamente il contrario. Chi ha scritto la legge attualmente in vigore aveva proprio la necessità, ignorata sul piano contrattuale, di capire che l’informatore scientifico è l’anello di congiunzione tra la ricerca scientifica e industriale e il medico tutto nella tutela del paziente che è il reale obiettivo di tutte le terapie che vengono prodotte anche per quanto riguarda gli integratori. Il servizio sanitario nazionale esiste in funzione del fatto che esiste il paziente proprio per il diritto alla cura sancito dalla Costituzione. Ecco, noi siamo l’anello di congiunzione che porta informazioni dalla ricerca al medico per il corretto uso dei farmaci, motivo per cui la stessa legge assegna anche a noi, al pari del medico, il compito di raccogliere le segnalazioni di eventi avversi”.
Fedaiisf è un sindacato? Una associazione o cosa?
“Fedaiisf è una associazione di categoria non sindacale e apolitica. Ci curiamo e preoccupiamo dell’etica del lavoro dell’informatore scientifico con l’obiettivo di riunire in un’unica categoria tutti gli informatori del settore. Ovviamente collaboriamo con politica e sindacati quando possibile sempre per tutelare gli interessi degli associati ma in realtà anche di chi non è iscritto a cui offriamo diversi servizi”.
Facciamo due conti: quanti sono gli iscritti a Fedaiisf ma soprattutto quanti sono gli informatori scientifici in Italia?
“Fedaiisf ha oggi duemila iscritti. Il totale? Bella domanda, non abbiamo numeri precisi perché nel caos contrattuale coi vari referenti riusciamo a fare poco, comunque diciamo che i dati non ufficiali parlano di poco meno di 8mila informatori scientifici del farmaco con contratto nazionale e 15-16mila con contratto provvigionale in qualunque forma a cui andrebbero aggiunti tra i 30 e i 33mila (dati forniti all’associazione farmacisti) informatori degli integratori”.
Torniamo all’emergenza Covid-19: quale contributo potete dare in questo momento? E’ valida l’ipotesi dell’informazione scientifica a distanza tramite computer o altri mezzi?
“Essenzialmente noi andiamo avanti con le indicazioni che ci vengono fornite dalle aziende e che, in linea di massima, ci stanno chiedendo di telefonare ai medici o inviare mail informative sui farmaci e di effettiva utilità pratica. Dove possibile, tenendo presente che in questo periodo tutti i medici sono impegnatissimi e che quindi non hanno molto tempo da dedicare al telefono, ci stiamo organizzando inviando delle mail informative, documentazioni scientifiche che di volta in volta vengono pubblicate sui farmaci e anche sulla situazione del Covid19. Noi cerchiamo di inserirci in questo momento cercando di fornire più informazioni possibili al medico. I medici devono fare i conti con il Covid ma certamente hanno bisogno di aggiornamenti anche sulle altre patologie”.
Come Fedaiisf avete avviato qualche campagna sull’emergenza Coronavirus?
“Ci sono varie iniziative prese dalle sezioni locali, che hanno avuto l’avallo del nazionale, con raccolte fondi da donare a strutture ospedaliere. E’ accaduto a Bergamo per l’acquisto di tute e mascherine per il personale sanitario, ad esempio. Tutte le sezioni si sono messe a disposizione del personale sanitario per aiutare a diffondere notizie o comunque dare i giusti consigli che giungono dal Ministero e dalle Asl alla stessa cittadinanza. Anche il nostro continuo aggiornamento, per esempio tra colleghi, è utile in questo momento come scambio di informazioni corrette”.
Restiamo sull’emergenza ma guardandola sotto l’aspetto economico: il tema delle partite Iva interessa moltissimo la categoria, si aspetta altro dopo il decreto sblocca Italia? Sono sufficienti le misure messe in campo?
“Certamente la categoria, dopo queste settimane, si risveglierà più massacrata di prima. Gli informatori che lavorano per le aziende farmaceutiche hanno tutti una iscrizione Enasarco e sono esclusi dagli aiuti. Ammesso che possano usufruire del contributo di 500 euro non faranno la differenza. La verità è che non si dovrebbero neanche trovare in questa situazione proprio per le ragioni, sul piano legislativo, che spiegavo prima: ci sono contratti del marketing dove non dovrebbero esistere e il 60 o 70% di noi è a provvigione e quindi si trova ad affrontare questo periodo in alcuni casi il rischio di impresa. Come Fedaiisf stiamo cercando di sensibilizzare il Governo e, negli anni, abbiamo ottenuto maggiore attenzione anche attraverso interrogazioni parlamentari ma è arrivato il momento che la politica cambi passo. In Emilia Romagna, dove ci hanno dato ampio ascolto, abbiamo ad esempio chiuso un accordo per l’informazione scientifica grazie al quale tutti quelli che operano per aziende farmaceutiche e vanno a fare visita ai medici devono registrarsi su un portale e rispettare regole comuni. Ecco cosa intendiamo quando parliamo di etica e deontologia, temi su cui noi cerchiamo di lavorare e su cui un albo o ordine professionale avrebbe certamente più voce in capitolo”.
Posso chiederle di che zona è e soprattutto con quale contratto è inquadrato?
“Io sono di Foggia e lavoro con un contratto nazionale per una società francese. Conosco ovviamente la realtà degli informatori scientifici e il mondo delle partite Iva che ruota intorno al nostro settore”.
La situazione che si è venuta a creare come cambierà il vostro lavoro?
“Noi speriamo di no. Certo il timore è che questo discorso dell’informazione da remoto possa essere poi prolungato oltre il necessario e l’accettabile. Ora la situazione di emergenza ci spinge a lavorare al telefono, al computer, tramite mail. E’ però una situazione di emergenza, l’informatore da remoto dai medici in una situazione normale non è ben visto perché quando chiamano danno fastidio, il medico preferisce avere il contatto diretto per uno scambio di informazioni istantaneo. Noi siamo essenzialmente dei consulenti per i medici, o lo diventiamo nel tempo, ed è il rapporto umano e di fiducia che porta a questo tipo di sviluppo della professione. Speriamo che finito questo incubo tutto possa rientrare”.
Insomma siete un’associazione ma non un albo però avete a che fare con politica e sindacati…
“Beh, la verità è che stiamo supplendo alle carenze di un albo e siamo punto di riferimento, anche tramite i nostri consulenti, per i temi del lavoro e legali per moltissimi informatori non solo per i nostri iscritti. Diamo risposte a tutti e lo facciamo gratuitamente. Lavoriamo però per crearlo un albo, la professione ne gioverebbe e avrebbe regole certe e precise e soprattutto un organo di controllo. L’aspetto deontologico è importantissimo per noi. Sono temi che ora sembrano lontani, soprattutto con questa emergenza e che speriamo di poter affrontare nuovamente con forza e costanza. Quello che ora serve alla categoria, come per tutti, è un supporto per affrontare questo momento. Noi ci siamo, vediamo cosa farà il Governo soprattutto per le nuove generazioni o per chi in generale lavora senza garanzie di alcun tipo. E’ a loro che oggi è rivolto il nostro pensiero più grande”.
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